Vittorio Buratti

Vittorio Buratti è un artista bolognese nato nel 1937, la cui ricerca pittorica si è sviluppata lungo un percorso coerente e personale, attraversando le stagioni dell'arte italiana ed europea del secondo Novecento con uno sguardo sempre attento al mutamento, ma fedele a una propria visione. Fin dai suoi esordi, Buratti ha manifestato un interesse profondo per la materia e per la luce, elementi centrali della sua poetica visiva. La sua pittura, mai puramente descrittiva, si nutre di atmosfere interiori, di silenzi meditativi, di equilibri cromatici che dialogano con la memoria e il tempo. Nel corso della sua carriera ha esposto in numerose mostre personali e collettive a livello internazionale, ricevendo apprezzamenti da critici, galleristi e collezionisti. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private, testimoniando una presenza artistica costante, discreta ma solida, nel panorama culturale. Lontano dalle mode effimere, Buratti ha scelto il linguaggio dell'arte come forma di riflessione e come spazio di libertà. I suoi lavori raccontano storie senza parole, aprendo allo spettatore varchi di contemplazione e silenziosa emozione.
Vittorio Buratti is a Bolognese artist, born in 1937, whose pictorial exploration has developed along a coherent and deeply personal path. His work has traversed the evolving landscapes of Italian and European art in the latter half of the twentieth century, always with an eye sensitive to change, yet steadfast in its own vision. From the very beginning, Buratti has shown a profund interest in matter and light central elements of his visual poetics. His painting, never merely descriptive, is nourished by inner atmospheres, meditative silences, and chromatic balances that engage in dialogue with memory and time.Over the course of his career, he has exhibited in numerous solo and group exhibitions at an international level, earning recognition from critics, gallery owners, and collectors alike. His works are held in both public and provate collections, bearing witness to a constant, discreet yet solid artistic presence within the cultural landscape. Far from fleeting trends, Buratti has embraced the language of art as form of reflection and a space of freedom. His works tell stories without words, opening windows of contemplation and quiet emotion for the viewer.
Paesaggi
Studi Macrobiologici
Testi critici
Ritorno alla Natura
by Pietro Bonfiglioli
1. Vittorio Buratti è un artista di sicuro rilievo, le cui opere, condotte secondo cicli tematici paralleli (Paesaggi, Alberi, Uomini, Oggetti, come dire la natura e la tecnica), si offrono all'interprete come un valore costante, riferibile a un'attività che si direbbe vissuta nelle forme di un'operazione più vicina all'essere che al dive-nire, comunque lontana da un discorso critico indirizzato a cogliere sviluppi e omologazioni, abbandoni e riprese. Nel senso paradossale di una sensibilità estetica concepita nei modi di una progettualità tecnico-scientifica, Buratti è un artista pago della propria misura, insofferente di ciò che non rispecchia un disegno operativo, estraneo a procedure per tentativo ed errore. Il momento d'avvio è anche quello in cui ciò che è sperimentale e approssimativo si presenta come remoto e rimosso, risolto - si direbbe - nella struttura operativa di un linguaggio che riproduce per qualche aspetto determinante la tecnica della sequenza o del film-cutting, a cui l'artista è legato grazie al suo precoce interesse per le tecniche cinema-tografiche.
Sollecitato da esperienze di largo orizzonte inter-nazionale, ma radicato nel territorio, nella piccola patria padana delle nobili "città d'arte"
Cento e Pieve di Cento a filo del basso orizzonte e a mezza strada tra Bologna e Ferrara, Buratti assume con se stesso, tra gli anni '70 e '80, l'impegno di attribuire alla propria vocazione artistica un indirizzo sistematico, da intendere nel senso dell'obbedienza a un fervore operativo congiunto al disinteresse per il sistema della pubblicizzazione e del mercato. Disinteresse che ha mantenuto l'opera dell'artista entro la cerchia ristretta di estimatori scelti e amici, anche se egli non sdegna di partecipare come attestazione di appartenenza e solidarietà ad alcune collettive locali tra Ferrara e Bologna, tra Carpi e Rimini.
Va precisato peraltro che Buratti ha potuto mantenere fino ad oggi la modestia aristocratica di una produzione artistica quasi privata (mihi et paucis amicis) grazie alla funzione di prestigio da lui svolta per anni in un'azienda di rilevanza internazionale, attività che gli ha consentito di frequentare musei e ateliers e gli ha aperto la possibilità di proiettare le condizioni culturali ed esistenziali della piccola patria padana entro l'orizzonte del moderno, contrassegnato secondo un atteggiamento morale e scientifico - proprio di un'ecologia radicale che condiziona anche il sistema della conoscenza e dell'arte - dalla crisi della relazione uomo-natura.
Il rapporto con il luogo è dunque per Buratti de-terminante, ma solo in quanto la puntualità dell'esistenza si presenta come condizione specifica del rapporto con la scena del mondo. Egli dunque non avrebbe potuto ignorare la tradizione pittorica dell'informale padano così come si offriva alla sua sensibilità attraverso l'invito rappresentato dal discorso critico-teorico di Francesco Arcangeli, che trasferiva il tonalismo degli equilibri formali, tipico della tradizione pittorica padana, entro una sorta di panteismo coinvolgente inteso come "insostituibile ronzio della vita del mondo naturale" o, più radicalmente, come "fiducia in un immenso eterno aldilà naturale", fiducia opposta — cito ancora dal saggio del '57 Una situazione non improbabile - alle concezioni del mondo che soffocano entro categorie mentali il "flusso eracliteo della realtà"
2. Ma le condizioni entro cui Buratti si muove sono rovesciate: l'incanto panteistico è caduto.
Sul coinvolgimento di ogni singola esistenza nell'universo della natura cala la condanna che l'artista stesso, esperto in discipline tecniche e naturali, potrebbe riconoscere come rappresentata dal secondo principio della termodinamica, dall'esistenza in natura di una fondamentale asimmetria per cui, se la quantità totale di energia si conserva in qualsiasi processo, la sua distribuzione si modifica in modo irreversibile: dove il primo principio conferma che la quantità globale dell'energia rimane immutata, il secondo dimostra che, mentre la società tecnologica brucia sempre più rapidamente le proprie risorse, l'entropia aumenta per il degradarsi della qualità dell'energia stessa racchiusa nell'universo.
Questi i presupposti che inducono Buratti a professare la sua concezione ecologica della perdi-ta, appunto fondata sulla progressiva degradazione qualitativa dell'energia. Nella sua produzione artistica il problema ecologico è centrale. Attraverso di esso è possibile cogliere una filosofia della natura che fa di ogni punto del globo — i coltivi della piccola patria padana come le foreste dell'Oregon - centro del declino. Ne deriva una visione meno storicistica che ontologica del rapporto uomo-natura. Ignoro se Buratti sia un lettore di Heidegger, ma la sua concezione della storia naturale entro l'orizzonte della perdita porta spontaneamente il discorso al principio heideggeriano del moderno concepito come "'età della tecnica"
Per Heidegger l'età della tecnica è ultima: al di là di essa non è storicisticamente pensabile uno sviluppo. Entro questo orizzonte di fine della storia è la stessa idea della fine che rivela l'essenza del moderno come condizione che sola può offrire all'uomo la possibilità di eccedere il proprio destino, di inserire nel gioco dei processi entropici l'eccesso e l'asimmetria del lavoro artistico in quanto contraddizione di quella asimmetria che comporta l'aumento dell'entropia nell'ecosistema. Buratti dunque non potrebbe accogliere il panteismo informale di Arcangeli se non rove-sciandolo. Ma non si tratta per lui di opporre scienza a coscienza, di soffocare il significato e il valore dell'arte entro la coerenza intrinsecamente matematica della termodinamica. L'arte appartiene a un ordine diverso, quello dell'urto (il termine heideggeriano non sarebbe dispiaciuto ad
Arcangeli), che è quanto dire il farsi opera della verità nella sua forma di evento. E sembra corretto a questo proposito confermare che il problema da cui prende avvio il lavoro artistico di Buratti è quello di un linguaggio che si fa strumento specifico della conoscenza entro l'orizzonte del rapporto uomo-natura.
Sul panteismo informale è caduto il gelo del secondo principio, che è quanto dire l'irreversibi-lità dei fenomeni naturali osservabili.
Entro questo orizzonte puntualità e generalità del-l'esistere coincidono, essendo ogni luogo, anche il più remoto, cuore del rischio, centro dell'equilibrio entropico.
3. Occorre insistere sulla qualità del pensiero ecologico nelle tele e negli oggetti tridimensionali che costituiscono i generi a cui Buratti adegua la propria fantasia. Nel quadro mentale e sperimentale di questo interesse l'arte diviene esperienza insieme della conservazione e della perdita, rappresentazione della natura nella sua strenua estrema bellezza. Il linguaggio dell'arte è il solo che possa esprimere la concretezza del rapporto fra ciò che è puntuale e ciò che si pone come generale, dire l'appartenenza a un luogo che è insieme centro del rischio e scena del mondo.
Ciò non implica che l'artista concepisca l'opera nelle forme di un manifesto ecologico, anche se egli avverte il fascino dell'oggettualismo americano nei suoi stessi aspetti pubblicitari al punto che non poche delle sue opere potrebbero prestarsi come insegna di qualche associazione na-turista. Ma per Buratti - è opportuno ribadirlo
— l'ecologia è una rappresentazione dell'essere e dell'esserci (Sein e Desein): un'ottica entro la quale l'arte non può non essere esperienza della natura e della sua bellezza nel tempo della perdita. Cadono le piogge acide sui grandi parchi pro-tetti, Jellowstone o il Gran Paradiso, sui faggi, i larici, le querce e gli abeti della fascia mediterranea. La generalità del fenomeno condiziona l'immaginario dell'artista. Basti ricordare il rigore spoglio che presiede alla serie di oli e acrilici intitolata Alberi: una sequenza quasi regolata metricamente (il titolo ricorrente di Ritmi è significativo) in cui ricorrono i tronchi nudi del pioppo padano con la loro corteccia grigio-cenere e argento, tagliati dai margini del quadro così da escludere - a parte poche eccezioni - rami e radici, infine proiettati su un fondo sanguigno omogeneo, quasi un tramonto di fuoco o una combustione fredda, contro la quale i tronchi svolgono la funzione come di grosse sbarre di una cancellata o di prigione. Il ricordo delle Combustioni di Burri sembra innegabile, ma Buratti non dimentica forse il principio, fondante per Morlotti, della natura-fantasma, anche se l'esperienza informale appare contenuta entro l'evidenza quasi didattica dell'immagine, collocabile tra il nitore del cartellone ecologico e gli encausti di un Jasper Johns più espressionista astratto che new-dada.
Ma è opportuno liberare l'orizzonte di queste opere da esplicite intenzioni apocalittiche. Nel fondo la minaccia è più intima e segreta. Il carattere idillico del rapporto con l'universo naturale non è dimenticato, specie nella sezione Paesaggi, apparentemente ispirata a un intenso lirismo paesistico. In realtà la linea di terra, lontana e altissima sull'orizzonte, lascia non di rado tre quarti della tela a uno spaccato verticale del terreno, che trasforma la distesa panoramica in uno scavo stratificato. L'effetto ottico è, nei momenti più tesi, quello di una vertigine: il paesaggio sprofonda sotto la linea di terra altissima e lontana, ancora ricca in controluce di alberi ed erbe. Non si potrebbe cogliere l'essenza di questo linguaggio se non comprendendo che la rivisitazione dell'informale è anche il suo rovesciamento: l'universo della natura non è più posto sotto il segno della totalità immanente ma della sottrazione. In ciò, forse, i presupposti di un rapporto del tutto inedito con la natura: non quello romantico e informale, arcangeliano, della immersione nella totalità concepita come eternità dell'attimo (A chaque instant... l'éternité est là), bensì quello ecologico della parzialità, della minaccia. La linea alta dell'orizzonte caratterizza in Italia alcuni aspetti della pittura informale indirizzata ad esprimere la totalità coinvolgente della natura. Ricordo a questo proposito due artisti cari a Buratti: da una parte Ennio Morlotti nelle cui tele, almeno fino agli anni '55-56, la vitalità organica dell'universo naturale non appare ancora pervasiva, benché lo spessore materico sia già esperienza addirittura plastica di quella totalità; Carlo Mattioli dall'altra parte per il quale l'orizzonte alto è misura e controllo di un equilibrio affidato alla sopravvivenza del disegno e dei rapporti compositivi. Per Buratti le condizioni sono diverse: la natura, prima di essere coinvolgimento rapinoso o ideale continuità, è segnata dalla minaccia della fine come possibilità immanente: sotto l'idillio verde e lontano dell'orizzonte lo spazio sottostante precipita secondo una serie di strati informi, dove le fonti dell'esistenza sembrano prossime a inaridirsi.
4. L'ambiguità della serie Paesaggi, dove il profilo dell'orizzonte sembra la linea d'avvio per l'analisi di uno spaccato geologico, si riproduce nella serie recente intitolata al genere indeterminato e a rischio degli Uomini (acrilici e idropittura su tela), dove l'assunto antropomorfico è espresso da una sorta di pellicola cinematografica i cui fotogrammi riproducono tutti la medesima silhouette di un atleta in corsa, di solito solo, talvolta moltiplicato per due, per quattro, comunque estraneo a qualsiasi funzione individualizzante: quasi un modello di arte funeraria arcaica o una sagoma seriale pop (Warhol non è lontano), tradotto in un cliché di cui variano solo i colori e le macchie che vagano sul suo corpo e nello spazio. Sul fondo accadono deflagrazioni misteriose, larghe pennellate assecondano o moltiplicano il profilo degli atleti, volano macchie e si disegnano graffiti.
Della serie fa parte un bozzetto per francobollo (Etna, 1992) rappresentato dalla solita silhouette in corsa tra una pioggia di segni e, forse, lapilli infuocati: simbolo drammatico e lontano, quasi omologato, di un rapporto a rischio con la natura da proiettare emblematicamente sull'opera dell'artista.
La sequenza irreale e sospesa dell'immagine nella pellicola cinematografica sottratta al movimento è per molti aspetti, appunto in quanto frame, centrale nell'opera di Buratti e rispecchia il suo amo-re, molto precoce, anche tecnico e specialistico, per la tecnica di ripresa cinematografica. Più precisamente essa rappresenta la struttura profonda dell'immaginario e di una radicata vocazione espressionistica. Del resto la piccola patria pa dana è anche la terra natale di Aroldo Bonzagni un protagonista del rapporto conflittuale tra fu turismo ed espressionismo nei primi decenni del secolo.
Sulla rivincita dell'espressionismo, di Bonzagni in particolare, nell'area padana Renato Barilli ha scritto recentemente pagine persuasive. Di quella rivincita Buratti è un erede e un beneficiario, interessato a cogliere il carattere segretamente temporale dell'essere e a meditare su ciò che è all'estremo.
5. Il discorso resterebbe sospeso se non si concludesse con un accenno alla svolta rappresentata dalle opere più recenti, oli e acrilici, sotto l'insegna comprensiva del Ritorno alla natura.
Un momento di passaggio è affidato a una breve serie di dipinti che portano in primo piano i ruderi pericolanti di case coloniche abbandonate, dove la pennellata della tavolozza informale trasforma i muri cadenti e le orbite cieche delle finestre slabbrate in struggenti fantasmi della perdita, che segna la fine del patto di lavoro e fiducia tra l'uomo e la terra. Ma la ripresa della serie Uomini, dove la nota silhouette dell'atleta in corsa acquista ora effetti plastici e colori vivi mentre al centro, tra le sagome ripetute, si staglia su fondo nero un riquadro, quasi una finestra aperta sull'orizzonte in cui appare un paesaggio luminoso, è il traguardo ideale delle sagome che sembrano fuggire il disastro di un'imminente deflagrazione.
Ritorno alla natura è il titolo di un cartone-manifesto, concepito ancora una volta come un pannello nero, al cui centro è ritagliato in luce un paesaggio elementare, dove sotto la linea dell'orizzonte il già noto spaccato quasi verticale del terreno, tramato ora non sai bene se di linfe o ve-leni, è ancora affidato al linguaggio informale, mentre al di sopra resiste l'accumulo sommario della natura vegetante sotto l'azzurro del cielo.
L'effetto è quello di un tempo di attesa. L'attesa è premiata nelle opere successive, dove sotto la linea sempre alta dell'orizzonte il tessuto informale del colore, disteso a strati, rivela entro l'ordine delle partiture un rigoglio naturale, quasi una presenza del miracolo, presenza che l'autore ama definire "francescana". Nella sostanza del discorso pittorico il ritorno alla forma è concepito non direi tanto come un dono, quanto piuttosto come una sospensione alta. Il sospetto, che potrebbe sorgere, di una restaurazione senza costi troppo pesanti correrebbe il rischio di essere smentito dal prossimo capitolo.
Come i suoi Uomini in fuga tra ceneri e lapilli, Buratti sa che ogni fiducia è a rischio.
Omaggio alla Natura
by Massimo Cotto
Tutta l'arte è suono, nessuna eccezione.
Noi siamo musica, fin dall'alba dei nostri giorni.
Siamo il ritmo percussivo del cuore che ci mette in moto.
Siamo la melodia delle ninne nanne che le nostre madri hanno cantato quando eravamo ancora nel grembo materno. E siamo danza, perché per calmarci veniamo cullati, stretti in un abbraccio che raddoppia la melodia.
Anche l'arte di Vittorio Buratti è suono.
Il ritmo degli alberi che si alzano verso il cielo fino quasi a toccarlo, perché, come diceva Cesare Pavese, una volta che hai identificato la linea verticale, quella dell'orizzonte non serve più a nulla.
La melodia armonica delle figure che corrono in sincrono verso un domani migliore e alla fine scopri che tornano semplicemente alla natura, alla fonte delle cose, perché se abbiamo vissuto con coscienza noi siamo il nostro principio.
La danza delle lune che salgono sulle strisce di colore e solo apparentemente sono limitate dalle scatole, in realtà le trascendono perché non c'è nulla sopra le lune dell'arte.
Vittorio Buratti è un prodigio di innocenza. Si avvicina alle tele come un bambino alla vita. Le sue opere non conoscono corruzione, come se l'artista centese vivesse in un universo a parte, dove le uniche storture accettate sono quelle dei chiodi che reggono il quadro, perché a volte è una lieve imperfezione a dare il tocco finale. La natura che anima i suoi quadri è restituita al suo antico e primigenio splendore ed è per questo che i lavori di Buratti sono guidati da una forza invincibile, sono luce e suono, sono il mondo che canta. E bello sapere che esistono persone come lui, che vivono dentro un quadro e che non hanno altra cornice che quella della purezza, della musica che non si arresta e si moltiplica all'infinito, come una nenia perfetta, come un canto circolare che lega indissolubilmente il Creato e il Creatore, nel senso sia di artista che di Dio.
Massimo
Tracce Verdi
by Massimo Cotto
Tutta l'arte è suono, nessuna eccezione.
Noi siamo musica, fin dall'alba dei nostri giorni. Siamo il ritmo percussivo del cuore che ci mette in moto. Siamo la melodia delle ninne nanne che le nostre madri hanno cantato quando eravamo ancora nel grembo materno. E siamo danza, perché per calmarci veniamo cullati, stretti in un abbraccio che raddoppia la melodia.
Anche l'arte di Vittorio Buratti è suono.
Il ritmo degli alberi che si alzano verso il cielo fino quasi a toccarlo, perché, come diceva
Cesare Pavese, una volta che hai identificato la linea verticale, quella dell'orizzonte non serve più a nulla.
La melodia armonica delle figure che corrono in sincrono verso un domani migliore e alla fine scopri che tornano semplicemente alla natura, alla fonte delle cose, perché se abbiamo vissuto con coscienza noi siamo il nostro principio.
La danza delle lune che salgono sulle strisce di colore e solo apparentemente sono limitate dalle scatole, in realtà le trascendono perché non c'è nulla sopra le lune dell'arte.
Vittorio Buratti è un prodigio di innocenza. Si avvicina alle tele come un bambino alla vita.
Le sue opere non conoscono corruzione, come se l'artista centese vivesse in un universo a parte, dove le uniche storture accettate sono quelle dei chiodi che reggono il quadro, perché a volte è una lieve imperfezione a dare il tocco finale. La natura che anima i suoi quadri è restituita al suo antico e primigenio splendore ed è per questo che i lavori di Buratti sono guidati da una forza invincibile, sono luce e suono, sono il mondo che canta.
È bello sapere che esistono persone come lui, che vivono dentro un quadro e che non hanno altra cornice che quella della purezza, della musica che non si arresta e si moltiplica all'infinito, come una nenia perfetta, come un canto circolare che lega indissolubilmente il Creato e il Creatore, nel senso sia di artista che di Dio.
Amare la Natura
by Gabriele Turola
Il titolo di questa mostra, "Amare la Natura", non deve trarci in inganno: Vittorio Buratti non intende certo rimpiangere i tempi mitici dell'Età dell'Oro né abbandonarsi a languori nostalgici rispolverando una utopica Arcadia popolata di pastori e di ninfe. Anzi con spirito realistico egli, come un figlio dei suoi tempi, ci propone paesaggi interpretati secondo un linguaggio aggiornato, fedele alla tendenza informa-le-materica, quindi già nella sua scelta stilistica dimostra di non indulgere ad atteggiamenti crepuscolari, né di ripiegare in un descrittivismo oleografico.
Tuttavia l'artista bolognese, ma centese per adozione, mette le innovazioni dell'Avanguardia al servizio di contenuti ecologistici lanciando un messaggio di scottante attualità. Già nella sua opera "Uomini" del 1989, Buratti ci presenta degli atleti in atto di correre che sembrano fuggire da uno spazio claustrofobico inquinato dalle piogge acide e dall'effetto serra per cercare rifugio in una dimensione "altra". Ecco cosi che la pittura diviene un percorso, quasi un'ini-ziazione, che parte da una presa di coscienza dram-matica, rappresentata da certi effetti magmatici e cupi, da composizioni di tronchi d'alberi ridotti a sbarre di una prigione, per poi approdare a uno spazio aperto, naturale, luminoso. In "Ritorno alla Natura" del 1993 l'artista si prefigge di recuperare leproprie radici, di affondare la sua ispirazione nel cuore della Madre Terra scoprendo cosi una bellezza che ancora non è andata perduta e che dobbiamo sal-vaguardare. Infatti nei suoi paesaggi informali
Buratti ci proietta in una dimensione edenica, in un mondo incontaminato, scaldato da mille colori che germinano in un continuo sviluppo, che si coagulano come in un'operazione alchemica dove prevale il giallo, simbolo della conoscenza, e il rosso del fuoco fecondatore. Gli accordi cromatici sono costruiti strato su strato cosi che osservando il quadro da vicino cogliamo la ricchezza della sua tavolozza come se ci apparisse velo dietro velo per lasciarci scoprire mille combinazioni sempre mutevoli, sempre indefinite che sembrano travolte da una forza centrifuga, da una passione impetuosa eppure solenne, rasserenante. L'artista lascia guidare i pennelli e le spatole dalla forza dell'improvvisazione che si rinnova sempre e che gli permette di indagare al di là del semplice aspetto fenomenico riuscendo a catturare l'energia primigenia da cui la stessa mente umana riceve di riflesso la luce di una saggezza solare che è indispensabile per vivere armoniosamente, nel pieno rispetto dell'ambiente. I cromatismi di Vittorio
Buratti risultano vigorosi e delicati, aggressivi e dolci ad un tempo proprio perché rendono l'idea non
Natura / Nature
by Gabriele Turola
Vittorio Buratti artist adi nascita bolognese, che d amolti anni vive e lavora a Cento, inte nde la pittura come una sorta di impegno etico che lo spinge a comunicarci un messaggio pieno di valori. I suoi paesaggi tutt'altro che banali, anzi importanti agli stilemi informali, ci invitano ad entrare nel grembo della Madre Terra per immergerci nelle linfe e nell'humus e per scoprire che il mondo esteriore può essere uno specchio di quello interiore.
Infatti nel suo caso si può parlare di "paesaggi dell'anima" che rispecchiano un'innocenza edenica perduta a causa dell'inquinamento, del degrado ambientale e spirituale, ma ritrovata grazie a quella saggezza solare che è ella base di una felice coesistenza fra civiltà e Natura.
I paesaggi di Vittorio Buratti, quasi sognati ad occhi aperti, ci affascinano per i loro colori caldi, sfarzosi, a volte grumosi e materici, in grado di raggiungere una dimensione plastica, una sorta di tridimensionalità.
L'artista dipinge stendendo i colori strato su strato evocando emozioni e passioni che scaturiscono dalle
profondità dell'inconscio.
Questi colori lussureggianti ci riportano alla presenza del sole, del fuoco fecondatore da cui traggono origine le forme di vita.
L'artista quindi non riproduce il paesaggio pedissiquamente, ma crea a fianco della Natura, cerca in essa le nostre radici umane, assimila gli umori della terra, la linfa delle piante per creare uno spazio fatto di sensazioni e di sogni luminosi.
Alla fine ci accorgiamo che i suoi impasti cromatici magmatici attraverso le loro stratificazioni tendono a una forma di armonia superiore.
Dal rigoglio della vegetazione, dall'accordo alchemico dei colori, preziosi come rubini e smeraldi, l'artista trae spunto per mettere in risalto una bellezza neoromantica.
La sua pittura, infatti, può essere assimilata all' "Ultimo naturalismo"
propugnato da Francesco Arcangeli e che vanta come sommo esponente
Ennio Morlotti.
Quindi dopo essere passato dalla denuncia nei confronti dell'uomo contemporaneo che inquina e corrompe l'ambiente, Vittorio Buratti ci indica la meta di una bellezza riconquistata che da sogno può divenire realtà.
Rispetta la Natura
by Cristina Frabetti
Addentrarsi nell'arte di Vittorio Buratti è come esplorare un universo "speciale", dove come in un sogno
"audace" e particolarmente coinvolgente l'uomo è alla continua ricerca di se stesso, della propria coscienza strettamente ed indissolubilmente legata alla natura;
natura che per Vittorio Buratti viene rappresentata dagli alberi, da piccoli esseri del mondo animale e dall'uomo stesso in un continuo di forme e di spazi che si esaltano e si completano vicendevolmente, in un legame protondo ed ancestrale fatto di armonia e passione.
Esiste un continuo muoversi di Buratti per evidenziare il profilo autentico della natura, nel tentativo di salvarla dalla spietata tecnologia e dalla troppa industrializ-zazione, che ha inghiottito i colori, i rituali e anche gli odori; tutto questo viene riscattato in un'esplosione fantastica ed onirica di colore: acceso, grumoso, materico intento ad esorcizzare la paura e la solitudine dell'uomo, attraverso la poesia, la fantasia più piena e fanciullesca di colori che non si stanca di osservare e di assaporare le piccole grandi cose della natura e dei valori così profondi in essa contenuti.
I colori, cosi contrastanti e gioiosi, creano un'atmosfera intensa e al tempo stesso struggente, che ci induce a riflettere, che ci fa pensare al nostro percorso alla nostra vera essenza di nullità nei confronti di tutto quanto ci circonda, in questa natura vista come grande madre, in un auspicabile ritorno come via di salvezza e di serenità.
Tutta la produzione artistica di Buratti è pervasa da un palpito di vita, che si estrinseca nelle forti pennellate di materia, nelle immagini seriali della figura uomo: nei boschi chiusi in una metaforica scatola, come per una inspiegabile magia al contempo affascinante e terri-bile.
Tante sono le citazioni e i ricordi nell'arte di Buratti forse inconsci, forse no, ma davvero insolito è il trasportare questo amore, questa fisicità, dentro la natura stessa, la forza, la fantasia in un fantastico viaggio attraverso la naturalezza dei valori forti in un mondo
"speciale" sospeso tra sogno e realtà dove l'artista attraverso il colore fulgido, il segno e la materia come un viaggiatore-narratore cerca instancabilmente la strada della salvezza.
Paesaggi
by Pietro Bonfiglioli
I paesaggi di Vittorio Buratti riflettono una condizione nuova di divisionismo informale: per un verso l'artista accoglie dall'esperienza divisionista più omologata la vocazione a controllare i rapporti tonali secondo le leggi relative alla funzione del colore sulla rètina oltre che al contrasto simultaneo dei complementari; per l'altro verso recupera l'esperienza dell'informale vissuta nelle forme coinvolgenti del rapporto uomo-natura: coirvolgimento, questo, concepito come una condizione assoluta secondo il principio della differenza costitutiva grazie alla quale totalità e singolarita, Sein e Desein, l'essere e l'esserci, coincidono. Del resto, come mi è accaduto di accennare in una precedente occasione espositiva dell'artista, il rapporto essere/esserci, quanto a dire natura e condizione esistenziale, rappresenta il centro propulsivo del linguaggio a cui Buratti affida il proprio impegno espressivo.
Il rapporto con il luogo è per Buratti determinante, contrassegnato secondo un atteggiamento morale e scientifico proprio di una ecologia radicale.
L'umanità è responsabile dell'ambiente di fronte alle generazioni future.
Buratti è un artista le cui opere si offrono all'interprete come un valore costante; il suo amore per la natura è diventato in lui coscienza ecologica e nello stesso tempo coscienza artistica.
Non è casuale che Buratti ami ricordare il lavoro pittorico di Carlo Mattioli senza dubbio in virtù degli umori materico-informali entro i quali Mattioli scioglie l'equilibrio di Morandi. Coerentemente egli riconosce il proprio debito nei confronti di Ennio Morlotti che, partito da Cézanne e dalla lezione del cubismo, esalta la materia entro un impatto luminoso che erode le forme.
Nei luminosi paesaggi dell'artista l'emozione del colore viene raccontata con intensità; il tessuto informale del colore disteso a strati sotto la linea di terra alta, cosi da coinvolgere tre quarti dello spazio, ricorda i modelli dell'informale bolognese e, insieme, il coinvolgimento di frammenti figurativi entro la illusiva verticalità del piano che, cosi animata dall'interno, rappresenta una riserva di valori perduti, quasi memorie di un mondo dissipato nell'informe: tuttavia prossimo a riassumere una forma, a rigenerarsi, a esplodere in una primavera vincente.
Buratti rivela entro l'ordine delle partiture un rigoglio naturale a testimoniare la speranza e la fiducia nell'uomo del nuovo millennio.
Il Grido della Natura
by Monica Cremaschi
Le opere di Vittorio Buratti parlano, anzi gridano, cercano di uscire da spesse tele e spazi angusti.
Vibrano nello spazio a ritmo costante, emetten-do un lamento, come quello di chi è prigioniero.
Attesa sorda, lacerante, scandita dalla luce e dai colori delle stagioni che l'artista sa accendere magistralmente.
La presenza umana è solo percepita, distante.
La sua vanità l'ha resa cannibale e mentre fugge dal proprio ego, senza guardarsi indietro, pos-siamo seguirne i passi neri lasciati sulla terra.
Vittorio Buratti sceglie di dare voce alla natura che aspetta impazientemente la propria liberazione ma lascia all'uomo la facoltà di decidere se voltarsi, tornare sui suoi passi ed essere il custode del giardino lasciatoci dal Padre.
Spiegge Libere
by Sergio Poletti
primo rilievo all'osservazione delle opere di Buratti evidenzia una ricchezza cromatica non comune, un nitore parimenti originale, una scelta compositiva di nuova risoluzione.
Buratti ha acquisito una vasta notorietà con le sue spiagge e le nature morte, il paesaggio di scorcio ed altri dipinti figurativi in cui l'essenzialità che porta ad accostamenti lirici ha enucleato il gusto del semplice e del bello, per le cose comuni anche dimenticate, per situazioni da riproporre perchè valide.
Messaggi naturali, ecologici, racconti di stati reali.
Ne consegue un effetto suggestivo per l'os-servatore, un discorso che fa parte del modo di sentire di ognuno di noi.
Le Nature Morte
by Sante Modesti
Parliamo di Vittorio Buratti, un artista centese che ha raggiunto vasta notorietà con le sue spiagge, le nature morte, il paesaggio di scorcio e altri temi figurativi. Scavando oltre la barriera del figurativo con il quale si è imposto in numerosi concorsi nazionali, ha raggiunto la piena maturità artistico espressiva con opere che rappresentano gli studi fondamentali della vita. Studi di un macrocosmo biologicamente in evoluzione e di un mondo fantastico e misterioso. La laboriosa e travagliata evoluzione artistica che Buratti ha sostenuto è sfociata in una nuova espressione. Nuova espressione che ci fa comprendere come può essere difficile per un pittore che ha amato la natura nella sua esteriorità, trasportare questo amore dentro la natura stessa, ricercando quel palpito di vita, quella poesia che ancora ci è sconosciuta e che forse la biologia, nella sua arida ricerca, non potrà mai svelare. Per questo Buratti, prima che l'uomo si autodistrugga o si trasformi, cerca di guardare dentro, nei legami, tra cellula e cellula, tra fibre e strutture, ovunque ci sia vita. Dove c'è vita c'è bellezza; ed è questa bellezza che notiamo nelle sue ultime opere. Non più la forma, ma la vita. Il colore vivo, la composizione equilibrata, il disegno forte ed incisivo, descrivono un mondo poeticamente sconosciuto, nuovo, pieno di fantasia. Buratti non intende svelare i profondi segreti dell'ignoto biologico, ma vuole carpirne il senso e proporci così un fantastico viaggio nella materia di cui facciamo
Il Naturalismo di Buratti
by Umberto Martinelli
Il naturalismo di Buratti si indirizza verso uno studio più adatto alla tonalità cromatica che la natura manifesta nei diversi dinamismi dei suoi fotogrammi creativi.
La timbricità dell'artista vuole dare manifestazioni segniche, le cui linearità si proiettano senza divagazioni, ma con marcata naturalezza.
Una naturalezza dai valori forti, dagli schizzi puri, le cui pennellate denotano una freschezza artistica e un lirismo spontaneo, schietto, dove il binomio prospettiva-
cromatismo si realizza nella proiezione voluta dall'autore.
Le Aperture Marine
by Giuseppe Nasillo
Buratti fa uso del colore per discorrere in termini di proposta e, perché no?, di provocazione, soprattutto in certe tematiche naturali che parlano di marine sottratte alla nevrosi contemporanea e restituite all'ancestrale, inviolato silenzio.
Le "spiagge libere" di Vittorio Buratti, assistite dalla presenza di frutta, hanno una simbolica suggestione mirante a recuperare certe dimensioni umane anche nella scenografia marina, la quale ha conosciuto, ma in forma negativa e deleteria, l'intervento impietoso dell'uomo.
Anche se le atmosfere sono spaziate, l'orizzonte appare tuttavia gravato da un certo clima di sofferta solitudine, di araldica ma non rilassante quiete, sintomo rivelatore dello spirito di Buratti, la cui parabola "respira" in proporzione diretta al distendersi dei colori ed alle aperture luminose degli orizzonti, dei cieli, degli spazi che ci investono nei suoi lavori.
Paesaggi Fantastici
by Alberto Barbieri
Nato nel 1937 a Bologna e attualmente residente a Cento, ha il merito poco comune di saper parlare un linguaggio fluente, agile, vivo; crea ambienti, nature morte e paesaggi fantastici: è tutto un mondo, il suo, sospeso tra sogno e realtà, che si srotola con meditata, voluta chiarezza ed efficacia e che egli riesce benissimo a rendere di comune dominio, perché è trasfigurato da una partecipazione convinta, appassionata, amorosa.
Si tratta di una pittura che "vive ed aiuta a vivere" : sono momenti intensi di luce e di colore che possono accompagnare la nostra giornata, rendendola più umana.
Buratti ha una figuratività libera: non disdegna ardire soluzioni formali ed audaci contrasti coloristici. In tal senso possiamo dire che la realtà non è pretesto per finalità compositive, ma, al contrario, è presa a prestito ai fini dello svolgimento di un discorso pittorico che via via si distende automaticamente, sino a vivere di una vita propria.
Se è vero, come è vero, che i pittori s'innamorano di ciò che colpisce ed affascina, il Buratti, senza seguire influssi di particolari tendenze, si è spontaneamente impegnato, con una tenacia caparbia, a mettere in luce aspetti singolari di farfalle, api e spiagge deserte: le sue tele, di una drammatica forza d'impianto compositivo, ricche di luce e di trasparenze, stimolano la voglia di conoscere, di avvicinare le realtà descritte.
Sempre egli raggiunge una completa organicità nelle larghe stesure di materia, luminose ed intelligentemente elaborate.
Ci piace sottolineare la purezza e la freschezza non comune dei suoi colori, che direi fulgenti e gioiosi.
Le Opere di Buratti
by Fausto Gozzi
Le opere che Vittorio Buratti ha ordinato nella sala mostre della Pinacoteca Civica, danno uno spaccato molto chiaro della sua trentennale passione per l'arte. Buratti è quindi il tipo di artista vero, dove i valori estetici e cromatici, corrispondono a precisi messaggi culturali d'importanza capitale.
Infatti, tutta la rassega è all'insegna del "ritorno alla natura"; Buratti, senza mezzi termini, ci pone di fronte al disastro ecologico ed agli attacchi che l'uomo incoscientemente e quotidianamente perpetra contro essa.
Pioppi attaccati dall'effetto serra, uomini in fuga dalle piogge acide e testimonianze della storia cancellate per sempre, sono i soggetti da lui preferiti, nonostante tutto
Buratti è capace anche di messaggi d'ottimismo, infatti i suoi uomini in fuga corrono verso una natura che presenta ancora, fortunatamente, un proprio equilibrio, fatto di organismi viventi e fiori dalle tonalità accecanti che non si piegano e resistono agli attacchi.
Uomini in fuga e una Natura da Salvare
by Laura Lunati
Lavora di spatola, Vittorio Buratti (Bologna, 1937).
Di spatola e pennello con colori acrilici, più o meno densi a seconda dell'effetto grumoso o liscio che vuole dare ai suoi lavori.
"Scelgo l'acrilico perché ha un'essicazione rapida", spiega. "Mi piace raccontare in modo immediato le emozioni che provo davanti alla natura"
Una natura che esplora ogni giorno, vagabondando con il suo cane per le campagne intorno a Cento, dove vive.
La sua tecnica fa tesoro al tempo stesso della lezione divisionista e di quella informale. Il colore si rapprende in grumi lucenti giallo sole, rosso fuoco, blu cobalto, che raccontano di una natura ribollente e magmatica come un mare primordiale. Un mondo che grida d'indignazione per la rovina portata dall'uomo.
Dieci anni fa, con la serie dei Ritmi, la denuncia ecologica dell'artista era palese.
I tronchi dei pioppi si mostravano nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggiava l'effetto serra.
Poi è stata la volta degli Uomini, silhouettes di persone in corsa sullo sfondo di un cielo tempestoso, ma anche, qualche volta, con un paesaggio luminoso in lontananza. Forse raggiungibile. Un messaggio di ottimismo e speranza.
Oggi Buratti si dedica ai paesaggi. Sono tele quasi astratte. Trionfi di colore lucente e sgargiante che si riconoscono come paesaggi perché in alto, molto in alto una linea parallela alla base del quadro si rivela essere l'orizzonte.
E sotto quella linea la natura si lascia guardare da vicino, mostrando, quasi impudica, la stratificazione della vegetazione, l'umidore del sottobosco.
Degrado Ambientale
by Guido Vancini
Buratti nei suoi quadri affronta il problema più angoscioso che attualmente vive la nostra società che è quello dell'inquinamento e del degrado ambientale.
Non a caso ha intitolato la sua mostra: "Ritorno alla natura" e nei suoi quadri ricorrono con frequenza uomini che corrono per fuggire da una situazione angosciante ove le piogge acide, il disboscamento e le altre offese che l'uomo inpunemente scaglia contro la natura minacciano di trasformare il mondo in un immenso immondezzaio.
I suoi quadri coloratissimi e pieni di luce riportano in modo ossessivo sequenze di tronchi di pioppi distanziati regolarmente, che assumono quindi l'aspetto delle sbarre di una prigione, ove l'uomo che non rispetta l'equilibrio naturale si autorinchiude isolandosi dalle bellezze esterne.
Emozionarsi con i Paesaggi Naturali di Buratti
by Barbara Beghelli
Lavora di spatola, Vittorio Buratti (Bologna, 1937).
Di spatola e pennello con colori acrilici, più o meno densi a seconda dell'effetto grumoso o liscio che vuole dare ai suoi lavori.
"Scelgo l'acrilico perché ha un'essicazione rapida", spiega. "Mi piace raccontare in modo immediato le emozioni che provo davanti alla natura"
Una natura che esplora ogni giorno, vagabondando con il suo cane per le campagne intorno a Cento, dove vive.
La sua tecnica fa tesoro al tempo stesso della lezione divisionista e di quella informale. Il colore si rapprende in grumi lucenti giallo sole, rosso fuoco, blu cobalto, che raccontano di una natura ribollente e magmatica come un mare primordiale. Un mondo che grida d'indignazione per la rovina portata dall'uomo.
Dieci anni fa, con la serie dei Ritmi, la denuncia ecologica dell'artista era palese.
I tronchi dei pioppi si mostravano nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggiava l'effetto serra.
Poi è stata la volta degli Uomini, silhouettes di persone in corsa sullo sfondo di un cielo tempestoso, ma anche, qualche volta, con un paesaggio luminoso in lontananza. Forse raggiungibile. Un messaggio di ottimismo e speranza.
Oggi Buratti si dedica ai paesaggi. Sono tele quasi astratte. Trionfi di colore lucente e sgargiante che si riconoscono come paesaggi perché in alto, molto in alto una linea parallela alla base del quadro si rivela essere l'orizzonte.
E sotto quella linea la natura si lascia guardare da vicino, mostrando, quasi impudica, la stratificazione della vegetazione, l'umidore del sottobosco.
Il "Pittore a Difesa della Natura"
by Franco Bardasi
A nome degli amici della Sezione WWF Alto Ferrarese ho il piacere e l'onore di presentare ai Cittadini di Sant'Agostino il pittore Vittorio Buratti.
Ci conosciamo da oltre 50 anni, da quando frequentavamo la stessa classe dell'Istituto "Taddia" di Cento.
I nostri rapporti successivi, seppure occasionali, sono sempre stati favoriti dalla comune amicizia con lo scultore Dino Bonzagni.
Anche se gli strumenti impiegati sono diversi, ci accomuna l'impegno ambientalista. Vittorio lo manifesta egregiamente attraverso l'espressione artistico-pittorica. La critica lo ha definito "Il pittore a difesa della natura" e il WWF non poteva mancare di ricorrere a lui, al fine di realizzare una mostra con le sue opere, che parlano dell'ambiente più d'ogni altro mezzo espressivo.
L'amore per la natura è diventato in lui coscienza ecologica e nello stesso tempo impegno artistico. Nei suoi quadri egli affronta il problema più dirompente e angoscioso dell'attuale società, l'inquinamento e il degrado ambientale. Sempre evidente è il suo tentativo di salvare la natura dalla spietata tecnologia e dalla troppa industrializzazione. La denuncia ecologica dell'artista è palese: nelle sue opere è rappresentato spesso un mondo che grida d'indignazione per i guasti arrecati dall'uomo, i tronchi dei pioppi sono mostrati nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggia l'effetto serra, principale responsabile dei mutamenti climatici e dei conseguenti disastri ambientali. I tronchi degli alberi svolgono la funzione di grosse sbarre di una cancellata o di una prigione, ove l'uomo che non rispetta l'equilibrio naturale s'autorinchiude isolandosi dalle bellezze esterne.
L'uomo è spesso rappresentato nell'atto di fuggire dalle preoccupazioni di un ambiente alienante per correre alla ricerca di un mondo più umano e giusto.
Va però detto che il suo messaggio non è di sfiducia. Infatti, alla severa denuncia dei mali ambientali fa seguire il suo misurato ottimismo, così ben espresso nei luminosi paesaggi dai colori forti, che trasmettono intense emozioni. Buratti, artista e uomo di fede profonda, non mostra difficoltà ad affermare: "lo amo la natura, ho fiducia nell'uomo e sono convinto che ce la farà a riconsegnare questo mondo come il Creatore ce lo affidò. Se noi prenderemo coscienza di tutto questo e parleremo ai giovani, sicuramente contribuiremo a far sì che l'uomo corra verso un mondo migliore". Parlare ai giovani: è proprio questo l'obiettivo principale della mostra di Sant'Agostino che Buratti ha voluto intitolare "Amare la Natura". Il contatto che egli desidera avere con gli alunni delle nostre Scuole non è finalizzato soltanto all'usuale commento delle tecniche espressive, ma primariamente alla trasmissione di un vero "messaggio ecologico". Infatti, il problema da cui prende avvio il suo lavoro artistico è quello di un linguaggio che si fa strumento specifico della conoscenza entro l'orizzonte del rapporto uomo-natura.
A nome degli amici del WWF e mio personale, auguro di cuore a Vittorio Buratti di trarre dalla mostra di Sant'Agostino altre soddisfazioni e nuove ispirazioni per il suo nobile impegno artistico ed ecologico.
"L'Espressione del Divisionismo Informale"
by Luisa Maurelli
TRADIZIONE ED INNOVAZIONE SI CONIUGANO NELL'ESPRESSIONE ARTISTICA ISPIRATA AL POINTILLISME FRANCESE DEL RAPPORTO TRA UOMO E NATURA.
Colori puri stesi sulla tela con brevi pennellate quasi puntiformi: a questa tecnica, alla quale si ispira il divisionismo, attinge Vittorio Buratti nella realizzazione delle sue tele che diventano manifesto principale di un pensiero sviluppato sulla base di un coinvolgimento concepito come una condizione assoluta secondo il principio della differenza costitutiva grazie alla quale totalità e singolarità, essere ed esserci, coincidono. Un rapporto, questo, che per l'artista è fondamentale ed è all'origine del linguaggio a cui affida il proprio impegno espressivo. Non solo. Il legame con il luogo per il pittore è importantissimo e condiziona il suo atteggiamento morale e scientifico tipico di una coscienza ecologica ben radicata. L'umanità è responsabile dell'ambiente di fronte alle generazioni future. Natura e arte si fondono nella produzione dell'artista che elegge entrambi gli elementi al bagaglio della propria coscienza. Buratti realizza paesaggi luminosi e la loro realizzazione ricorda i modelli dell'informale bolognese in cui l'emozione del colore viene rivelata con vigore; e proprio il colore, steso a strati sotto la linea di terra alta, interessa una porzione maggiore di spazio. Frammenti figurativi si sviluppano entro l'illusoria verticalità del piano che arriva a rappresentare una riserva di valori smarriti, quasi reminiscenze di un mondo perduto nell'informe e comunque prossimo a riprendere una forma, a rigenerarsi, per tornare a vivere in una primavera vincente. L'artista svela entro l'ordine delle partiture una forza naturale che testimonia la speranza e la fiducia nell'uomo del futuro. Una sorta di espressione della grande stima per il prossimo nel quale si ripone la fiducia per una collaborazione al miglioramento. Il pittore bolognese mette le riforme dell'Avanguardia al servizio di contenuti ecologisti. E così egli realizza opere che, oltre l'impatto figurativo, trasmettono un messaggio di coscienza e trattano temi di quotidiana attualità Piogge acide e ambienti soffocanti per l'effetto serra rappresentate, quasi allegoricamente, da un gruppo di atleti in fuga da uno spazio claustrofobico. Ecco così che la pittura diviene un percorso che ha inizio con una presa di coscienza drammatica, rappresentata da tonalità cupe, e da composizioni di tronchi d'alberi ridotti a sbarre di una prigione, per arrivare ad uno spazio aperto solare. Quasi il recupero delle proprie radici e la riscoperta della bellezza della natura che non è ancora un bene perduto, ma indubbiamente da salvaguardare.
Vittorio Buratti proietta l'osservatore delle sue tele nella dimensione quasi paradisiaca di paesaggi incontaminati, scaldati da colori multiformi che si fondono in una sinergia alchemica che rinfranca lo sguardo e si abbandona ad un'esplosione di gialli (il simbolo della conoscenza) e di rossi (il fuoco fecondatore), in un tripudio di rinascita. L'artista opera sull'onda dell'improvvisazione che si rinnova sempre consentendogli di scorgere quello che c'è oltre un semplice aspetto fenomenico per cogliere l'energia originaria da cui la stessa mente umana riceve di riflesso la luce di una saggezza solare che è indispensabile per vivere armoniosamente, nel pieno rispetto dell'ambiente.
Le colorazioni scelte sono vigorose e delicate insieme, persino dolci ed aggressive al contempo perché rappresentano scenari che non vogliono essere mera raffigurazioni di banali paesaggi, quanto piuttosto della linfa vitale della terra: una fonte perenne di energia che trasmette fantasia e ragione in equilibrio perfetto, allo stesso pittore. La Natura per Vittorio Buratti è molto più un contesto scontato, di una realtà presente e poco valorizzata. Essa è una entità metafisica che si colloca oltre i comuni sensi e che coinvolge soprattutto la sfera della coscienza offrendo spunti corroboranti per l'emotività E l'insegnamento che l'artista trasmette attraverso le sue opere professa che per amare la Natura occorre rispettarla, non profanarla.
Quasi un discorso scontato, una ripetizione di tanti contenuti portati in trionfo dai baluardi della difesa dell'ambiente. Ma al di là di ogni retorica emerge il senso reale del messaggio, esatto in toto, il suo valore etico e sociale. E se questo non fosse coinvolgente ci sono sempre delle belle tele da guardare.
Principali Mostre
Mostre
1966 "Circolo Amici dell'Arte" - Pieve di Cento (Bologna)
1967 "Circolo Amici dell'Arte" - Pieve di Cento (Bologna)
1968 "Galleria la Tavolozza" - Bologna
1969 "Galleria la Tavolozza" - Bologna
1972 "Galleria d'Arte Moderna La Linea" Ferrara
1973 "Chiostro di San Romano" - Ferrara
"Galleria le Pleiadi" - Gruppo Spazio A - Torino
"Galleria d'Arte Graphis" - Cento (Ferrara)
1974 "Galleria d'Arte L'Arca" - personale "Spiagge Libere" Crevalcore (Bologna)
1975 "Il Rassegna Internazionale d'Arte Contemporanea" Portoverde (Forli)
1976 "Sala San Filippo" - Cento (Ferrara)
1977 "Auditorium di San Lorenzo" - Cento (Ferrara)
"I Edizione Linea Continua Arte Ferrara-Cento" - Cento (FE)
1978 "Galleria Zaeus" - Rimini
1979 "Galleria d'Arte Il Guercino" - Cento (Ferrara)
1982 "Galleria d'Arte Sala Gialla" - Carpi (Modena)
"Circolo Culturale La Fenice" - Mirandola (Modena)
1983 "Palazzo Galuppi" - Pieve di Cento (Bologna)
1986 "Liberty and Company Limited" - Londra
1988 "Auditorium di San Lorenzo" - Cento (Ferrara)
1989 "Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni" Cento (FE)
1992 "Museo Internazionale dell'Immagine Postale" Belvedere Ostrense (Ancona)
1993 "Artisti per il Telefono Azzurro" - Cento (Ferrara)
1994 "Pinacoteca Civica" - personale "Ritorno alla Natura" Cento (Ferrara)
1995 "San Filippo e Castello della Rocca" - Cento (Ferrara)
"Rocca dei Bentivoglio" - personale "Ritorno alla Natura" Bazzano (Bologna)
1997
"Pinacoteca Civica" - personale "Ritorno alla Natura" - Pieve di Cento (Bologna)
"Sala Biblioteca Comunale" - San Pietro in Casale (Bologna)
1999 "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna
"Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni" - Cento (FE)
2000
"Galleria d'Arte Castiglione" - personale
"Paesaggi" Bologna "Gallery Kamishima" - Takaoka Toyama (Giappone)
"Arte Padova" Galleria d'Arte Castiglione - Padova
2001 "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna
"Ex Scuderia di Villa Rabboni Cassini" - personale "Amare la Natura" - Sant'Agostino - Ferrara
"Galleria d'Arte il Secondo Rinascimento" - personale "Natura" - Ferrara
"Galleria d'Arte L'Immagine" San Giovanni in Persiceto (BO)
"Fiera Contemporanea" Galleria d'Arte Castiglione - Forlì
2002 "Castello della Rocca" - Cento (Ferrara)
"Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna
"Centro Culturale" - San Matteo della Decima (Bologna)
"Gallery Klosterman" - Amsterdam
"Gallery Gentzkow" - Washington
"Galleria d'Arte L'Immagine" - personale "Natura" San Giovanni in Persiceto - Bologna
"Galéria Pelikàn" - Székesfehérvàr - Ungheria
"Sala Consiliare" - Paesaggi - Anzola dell'Emilia (Bologna)
"Fiera Contemporanea" Galleria d'Arte Castiglione - Forlì
"Galleria d'Arte San Rocco" - Riflessione - Cento (Ferrara)
"Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna
"Partecipanza Agraria - Sala del Consiglio" - Paesaggi Emiliani - Cento (Ferrara)
2003 "Auditorium di San Lorenzo" - Carnevalesca - Cento (Ferrara)
"Galleria d'Arte Castiglione" - personale "Colline" - Bologna
"Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)
"Museo del Cielo e della Terra" - Arte & Città - San Giovanni in Persiceto (Bologna)
2004 "Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)
2005 "Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)
2006 "La collezione della Galleria d'Arte Moderna A. Bonzagni" - Castello della Rocca - Cento (Ferrara)
2008 "Galleria del Risorgimento" - personale "Rispetta la Natura" - Imola
2009 "Fierarredo '09" personale "Ritmi (Betulle)" Stand Acqueo - Bologna
2010 "Galleria d'Arte Contemporanea 132" - San Biagio di San Felice sul Panaro (Modena)
2011 "Galleria d'Arte Contemporanea 132" - San Biagio di San Felice sul Panaro (Modena)
2012 "Museo di Casa Frabboni" - personale "La Forza della Natura" - San Pietro in Casale (Bologna)
"Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Ritmi" - Modena
2013 "Paggeria Arte di Palazzo Ducale" - personale "La Forza della Natura" - Sassuolo (Modena)
"Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Green Tracks" Modena
"Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Green Tracks 2.0" Modena
2014
"Spaceinteriors" - personale "Ritmi - Rhythms 1987/2014" - Bologna
"Devincenti Multiliving" personale "Natura" - Piubega (Mantova)
2015 "Spaceinteriors" - personale "Ritmi nella Natura" - Bologna
"New Beza" - personale "Ritmi" - Ferrara
"BCC Art Gallery" - personale "La Casa e la Natura nell'arte di Buratti" - Genova
"Comfort Zone - Gilli 1962" - personale "Ritmi" - Reno Finalese (Modena)
"Officinarkitettura" personale "Ritmi" - Pieve di Cento (Bologna)
2016 "Architect@work" - "Ritmi" - Milano
"1962 Art Gallery" - personale "| Ritmi e il design" - Reno Finalese (Modena)
"Biennale Interieur" - "Ritmi" - Belgio
"Officinarkitettura" - personale "| Ritmi bianchi" - Pieve di Cento (Bologna)
"BCC Art Gallery" - "Natura" - Genova
"Officinarkitettura" - personale "La Grande Luna" - Pieve di Cento (Bologna)
2017 "Architect@work" - "Ritmi" - Stoccolma
"SteppingStone" - personale "Ritmi" - Bologna
"Maison&Object" - "Ritmi" - Parigi
"EuroShop" - "Ritmi" - Dusseldorf
"Fuorisalone" - "Ritmi" - Milano
"Coverings" - "Ritmi" Orlando - Florida
"Pinacoteca Civica" - "Tawkeht" Omaggio per gli 80 anni a Buratti - Pieve di Cento (Bologna)
"BCC Art Gallery" - "Ritmi" - Genova
"Galleria d'Arte Moderna A. Bonzagni" - personale "Omaggio alla Natura" - Cento (Ferrara)
2018 "Open Art House" - personale "Il grido della Natura" - Ivrea (Torino)
2019 "Monteborre Boutique Hotel" personale "Paesaggi" - Cento (Ferrara)
2020 "Palazzo Savioli" - personale "Difendi la Natura" - Pieve di Cento (Bologna)
2021 "Palazzo Savioli" - personale "Ritmi Bianchi" - Pieve di Cento (Bologna)
2022 "Monteborre Boutique Hotel" - personale "Ritmi Rossi" - Cento (Ferrara)
2023 "Monteborre Boutique Hotel" - personale "Natura" - Cento (Ferrara)
2023 "Patina Gallery" - personale "Ritmo Rosso" - Modena
2024 "Palazzo Savioli" - personale "Ritmi" - Pieve di Cento (Bologna)