Vittorio Buratti

L'artista a difesa della Natura


Vittorio Buratti è un artista bolognese nato nel 1937, la cui ricerca pittorica si è sviluppata lungo un percorso coerente e personale, attraversando le stagioni dell'arte italiana ed europea del secondo Novecento con uno sguardo sempre attento al mutamento, ma fedele a una propria visione. Fin dai suoi esordi, Buratti ha manifestato un interesse profondo per la materia e per la luce, elementi centrali della sua poetica visiva. La sua pittura, mai puramente descrittiva, si nutre di atmosfere interiori, di silenzi meditativi, di equilibri cromatici che dialogano con la memoria e il tempo. Nel corso della sua carriera ha esposto in numerose mostre personali e collettive a livello internazionale, ricevendo apprezzamenti da critici, galleristi e collezionisti. 

Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private, testimoniando una presenza artistica costante, discreta ma solida, nel panorama culturale. Lontano dalle mode effimere, Buratti ha scelto il linguaggio dell'arte come forma di riflessione e come spazio di libertà. I suoi lavori raccontano storie senza parole, aprendo allo spettatore varchi di contemplazione e silenziosa emozione.

Vittorio Buratti is a Bolognese artist born in 1937. His pictorial research has developed along a coherent and personal path, spanning the periods of Italian and European art of the late twentieth century, always attentive to change while remaining faithful to his own vision. From his earliest days, Buratti has demonstrated a profound interest in material and light, central elements of his visual poetics. His painting, never purely descriptive, is nourished by interior atmospheres, meditative silences, and chromatic balances that engage with memory and time. Throughout his career, he has exhibited in numerous solo and group shows internationally, receiving praise from critics, gallery owners, and collectors.

His works are held in public and private collections, demonstrating a constant, discreet yet solid artistic presence on the cultural scene. Far from fleeting trends, Buratti has embraced the language of art as a form of reflection and a space for freedom. His works tell stories without words, opening up avenues of contemplation and silent emotion for the viewer.


Opere - Works


Bibliografia - Bibliography

Il Grido della Natura by Monica Cremaschi (2018)

Le opere di Vittorio Buratti parlano, anzi gridano, cercano di uscire da spesse tele e spazi angusti.

Vibrano nello spazio a ritmo costante, emetten-do un lamento, come quello di chi è prigioniero.

Attesa sorda, lacerante, scandita dalla luce e dai colori delle stagioni che l'artista sa accendere magistralmente.

La presenza umana è solo percepita, distante.

La sua vanità l'ha resa cannibale e mentre fugge dal proprio ego, senza guardarsi indietro, possiamo seguirne i passi neri lasciati sulla terra.

Vittorio Buratti sceglie di dare voce alla natura che aspetta impazientemente la propria liberazione ma lascia all'uomo la facoltà di decidere se voltarsi, tornare sui suoi passi ed essere il custode del giardino lasciatoci dal Padre.

The Cry of Nature by Monica Cremaschi (2018)

Vittorio Buratti's works speak, or rather, they scream, struggling to escape from thick canvases and narrow spaces.

They vibrate in space at a constant rhythm, emitting a lament, like that of a prisoner.

A dull, excruciating wait, punctuated by the light and colors of the seasons that the artist masterfully illuminates.

The human presence is only perceived, distant.

Her vanity has turned her into a cannibal, and as she flees from her ego, without looking back, we can follow the black footsteps left on the earth.

Vittorio Buratti chooses to give voice to nature, which impatiently awaits its liberation, but leaves it up to man to decide whether to turn around, retrace his steps, and be the guardian of the garden left to us by the Father.

Omaggio alla Natura by Massimo Cotto (2017)                                                  

Tutta l'arte è suono, nessuna eccezione.

Noi siamo musica, fin dall'alba dei nostri giorni.

Siamo il ritmo percussivo del cuore che ci mette in moto.

Siamo la melodia delle ninne nanne che le nostre madri hanno cantato quando eravamo ancora nel grembo materno. E siamo danza, perché per calmarci veniamo cullati, stretti in un abbraccio che raddoppia la melodia.

Anche l'arte di Vittorio Buratti è suono.

Il ritmo degli alberi che si alzano verso il cielo fino quasi a toccarlo, perché, come diceva Cesare Pavese, una volta che hai identificato la linea verticale, quella dell'orizzonte non serve più a nulla.

La melodia armonica delle figure che corrono in sincrono verso un domani migliore e alla fine scopri che tornano semplicemente alla natura, alla fonte delle cose, perché se abbiamo vissuto con coscienza noi siamo il nostro principio.

La danza delle lune che salgono sulle strisce di colore e solo apparentemente sono limitate dalle scatole, in realtà le trascendono perché non c'è nulla sopra le lune dell'arte.

Vittorio Buratti è un prodigio di innocenza. Si avvicina alle tele come un bambino alla vita. Le sue opere non conoscono corruzione, come se l'artista centese vivesse in un universo a parte, dove le uniche storture accettate sono quelle dei chiodi che reggono il quadro, perché a volte è una lieve imperfezione a dare il tocco finale. La natura che anima i suoi quadri è restituita al suo antico e primigenio splendore ed è per questo che i lavori di Buratti sono guidati da una forza invincibile, sono luce e suono, sono il mondo che canta. E bello sapere che esistono persone come lui, che vivono dentro un quadro e che non hanno altra cornice che quella della purezza, della musica che non si arresta e si moltiplica all'infinito, come una nenia perfetta, come un canto circolare che lega indissolubilmente il Creato e il Creatore, nel senso sia di artista che di Dio.

Tribute to Nature by Massimo Cotto (2017) 

All art is sound, no exceptions.

We are music, since the dawn of our days.

We are the percussive rhythm of the heart that sets us in motion.

We are the melody of the lullabies our mothers sang when we were still in the womb. And we are dance, because to calm us, we are cradled, held in an embrace that doubles the melody.

Even Vittorio Buratti's art is sound.

The rhythm of the trees rising toward the sky until they almost touch it, because, as Cesare Pavese said, once you have identified the vertical line, the horizon is no longer of any use.

The harmonious melody of the figures running in sync toward a better tomorrow and in the end you discover that they simply return to nature, to the source of things, because if we have lived with awareness, we are our beginning.

The dance of the moons rising over the stripes of color and only apparently limited by the boxes, in reality they transcend them because there is nothing above the moons of art.

Vittorio Buratti is a marvel of innocence. He approaches his canvases like a child approaches life. His works are impervious to corruption, as if the Cento artist lived in a universe apart, where the only acceptable imperfections are those of the nails holding the painting together, because sometimes it's a slight imperfection that adds the finishing touch. 

The nature that animates his paintings is restored to its ancient, primal splendor, and this is why Buratti's works are guided by an invincible force; they are light and sound, they are the world singing. It's beautiful to know that there are people like him, who live within a painting and have no other frame than that of purity, of music that never stops and multiplies infinitely, like a perfect lullaby, like a circular song that inextricably links Creation and the Creator, in the sense of both artist and God.

"Il dono della Natura" by Alice Gatti (2015)

Abbiamo la possibilità di incontrare, lungo il nostro cammino, artisti che ci ricordano quanto un ritorno alla natura sia necessario. Per questo, come monito, decidono di raffigurarla così come l'abbiamo malamente alterata.

È questo il caso di Vittorio Buratti, artista che trasmette un messaggio preciso a proposito dell'ambiente che ci circonda: ce ne siamo inequivocabilmente dimenticati. Nei suoi lavori prende forma la visione di una società sofferente e schiava dell'era industriale, che non ha cura del suo habitat, sia a livello locale che globale. Vittorio Buratti quindi ci pone, attraverso le sue opere, una domanda molto semplice: l'uomo è condannato a vivere passivamente in questa giungla d'asfalto o ha la possibilità di migliorare il proprio stile di vita, agendo in maniera positiva anche e soprattuto sul paesaggio?

Certo, non sarà forse mai possibile, come auspicava Rosseau, compiere un pieno ritorno alla natura e abbandonare tutti quei comportamenti artificiosi non propri dell'uomo, ma è certamente necessario riflettere su questa tematica. Friedrich e Turner, due tra i più grandi maestri della raffigurazione paesaggistica, vedevano in essa un mezzo per ricongiungersi a sé stessi e all'opera divina. Buratti condivide questo sentire, ma non può rappresentare l'ambiente in un contesto armonioso.

Per questo lo rielabora bi dimensionalmente, con soluzioni cromatiche decise: quello scenario selvaggio e inglobante, proprio di un tempo, non è più vero agli occhi di chi osserva. Inserisce gli arbusti su sfondi monocromatici, a volte rossi, come il colore dell'aria surriscaldatasi per le esalazioni inquinanti, altre blu e gelidi, nervini. I soggetti sono sottili, ma resistenti pioppi - quasi sospesi - e boschi feriti, perché in scatola, mozzati. Ecco la realtà quotidiana: foreste e spazi verdi che vanno riducendosi, soffocati dall'atmosfera e soppiantati dal cemento, mentre la società non lo nota.

Come farlo presente, dunque, se non attraverso l'iperrealismo di un bosco in scatola? Ma, nonostante questo sempre minor spazio riservato alla natura, e sue opere racchiudono sentimenti forse nostalgici, ma mai arresi.

I Ritmi ci percuotono dentro, sono onde vibratili, trasmissione di coscienza ecologica e, anche, di speranza. Ci chiedono fermamente di riflettere e di migliorare l'ambiente che ci circonda. È vero, le ore scorrono inesorabilmente, impedendoci di comprendere l'armonia naturale, ma Vittorio Buratti ci invita con forza a provare, perlomeno, a reagire. L'autenticità del suo messaggio, infine, è resa anche dalla scelta dei componenti utilizzati: cassette in legno riciclate, oli e acrilici su tela, nessun materiale industriale, come gommapiuma, plexiglas o plastica.

Ci portiamo veramente un pezzetto di bosco in casa: perché Vittorio Buratti non spettacolarizza la natura ma, in qualità di uomo e artista, ne fa orgogliosamente parte, ricordandoci che è un dono prezioso.

"The Gift of Nature" by Alice Gatti  (2015)

Along our journey, we encounter artists who remind us how necessary a return to nature is. Therefore, as a warning, they choose to depict it as we have so badly altered it.

This is the case of Vittorio Buratti, an artist who conveys a clear message about the environment around us: we have unequivocally forgotten it. His works embody a vision of a suffering society enslaved by the industrial age, one that fails to care for its habitat, both locally and globally. Vittorio Buratti thus poses a very simple question: is humanity condemned to live passively in this concrete jungle, or does it have the opportunity to improve its lifestyle, influencing positively, especially, the landscape?

Of course, it may never be possible, as Rousseau hoped, to fully return to nature and abandon all those artificial behaviors that are not inherent to humanity, but it is certainly necessary to reflect on this issue. Friedrich and Turner, two of the greatest masters of landscape painting, saw it as a means of reconnecting with oneself and with the divine work. Buratti shares this sentiment, but he cannot represent the environment in a harmonious context.

For this reason, he reworks it two-dimensionally, with bold color schemes: that wild, all-encompassing landscape, so typical of the past, is no longer real in the eyes of the observer. He places the shrubs against monochromatic backgrounds, sometimes red, like the color of air overheated by polluting fumes, other times blue and icy, nerve-chilling. The subjects are slender but sturdy poplars—almost suspended—and wounded forests, cut off because they're boxed in, cut off. This is everyday reality: forests and green spaces shrinking, suffocated by the atmosphere and supplanted by concrete, while society fails to notice.

How can this be expressed, then, if not through the hyperrealism of a boxed forest? But despite this, ever-decreasing space is given to nature, his works embody feelings that are perhaps nostalgic, but never surrendered.

The Rhythms strike us inside, they are vibrating waves, a transmission of ecological awareness and, also, of hope. They firmly ask us to reflect and improve the environment around us. It's true, the hours pass inexorably, preventing us from understanding natural harmony, but Vittorio Buratti forcefully invites us to at least try to react.

The authenticity of his message is also reflected in the choice of materials used: recycled wooden crates, oils and acrylics on canvas, and no industrial materials like foam rubber, plexiglass, or plastic.

We truly bring a piece of the forest into our homes: because Vittorio Buratti doesn't spectacularize nature but, as a man and an artist, proudly embraces it, reminding us that it is a precious gift.

Tracce Verdi by Massimo Cotto (2013)

Tutta l'arte è suono, nessuna eccezione.

Noi siamo musica, fin dall'alba dei nostri giorni. Siamo il ritmo percussivo del cuore che ci mette in moto. Siamo la melodia delle ninne nanne che le nostre madri hanno cantato quando eravamo ancora nel grembo materno. E siamo danza, perché per calmarci veniamo cullati, stretti in un abbraccio che raddoppia la melodia.

Anche l'arte di Vittorio Buratti è suono.

Il ritmo degli alberi che si alzano verso il cielo fino quasi a toccarlo, perché, come diceva

Cesare Pavese, una volta che hai identificato la linea verticale, quella dell'orizzonte non serve più a nulla.

La melodia armonica delle figure che corrono in sincrono verso un domani migliore e alla fine scopri che tornano semplicemente alla natura, alla fonte delle cose, perché se abbiamo vissuto con coscienza noi siamo il nostro principio.

La danza delle lune che salgono sulle strisce di colore e solo apparentemente sono limitate dalle scatole, in realtà le trascendono perché non c'è nulla sopra le lune dell'arte.

Vittorio Buratti è un prodigio di innocenza. Si avvicina alle tele come un bambino alla vita.

Le sue opere non conoscono corruzione, come se l'artista centese vivesse in un universo a parte, dove le uniche storture accettate sono quelle dei chiodi che reggono il quadro, perché a volte è una lieve imperfezione a dare il tocco finale. La natura che anima i suoi quadri è restituita al suo antico e primigenio splendore ed è per questo che i lavori di Buratti sono guidati da una forza invincibile, sono luce e suono, sono il mondo che canta.

È bello sapere che esistono persone come lui, che vivono dentro un quadro e che non hanno altra cornice che quella della purezza, della musica che non si arresta e si moltiplica all'infinito, come una nenia perfetta, come un canto circolare che lega indissolubilmente il Creato e il Creatore, nel senso sia di artista che di Dio.

Green Tracks by Massimo Cotto (2013) 

All art is sound, no exceptions.

We are music, since the dawn of our days. We are the percussive rhythm of the heart that sets us in motion. We are the melody of the lullabies our mothers sang when we were still in the womb. And we are dance, because to calm us, we are cradled, held in an embrace that doubles the melody.

Even Vittorio Buratti's art is sound.

The rhythm of the trees rising toward the sky until they almost touch it, because, as

Cesare Pavese said, once you've identified the vertical line, the horizon is no longer of any use.

The harmonious melody of the figures running in sync toward a better tomorrow and in the end you discover that they simply return to nature, to the source of things, because if we have lived with awareness, we are our beginning.

The dance of the moons rising over the stripes of color and only apparently limited by the boxes, in reality they transcend them because there is nothing above the moons of art.

Vittorio Buratti is a prodigy of innocence. He approaches his canvases like a child approaches life.

His works are impervious to corruption, as if the Cento artist lived in a universe apart, where the only distortions allowed are those of the nails holding the painting together, because sometimes it's a slight imperfection that adds the finishing touch. The nature that animates his paintings is restored to its ancient, primal splendor, and that's why Buratti's works are guided by an invincible force; they are light and sound, they are the world singing.

It's wonderful to know that there are people like him, who live within a painting and have no other frame than that of purity, of music that never stops and multiplies infinitely, like a perfect lullaby, like a circular song that inextricably binds Creation and the Creator, in the sense of both artist and God.

"L'Espressione del Divisionismo Informale" by Luisa Maurelli (2001)

TRADIZIONE ED INNOVAZIONE SI CONIUGANO NELL'ESPRESSIONE ARTISTICA ISPIRATA AL POINTILLISME FRANCESE DEL RAPPORTO TRA UOMO E NATURA.

Colori puri stesi sulla tela con brevi pennellate quasi puntiformi: a questa tecnica, alla quale si ispira il divisionismo, attinge Vittorio Buratti nella realizzazione delle sue tele che diventano manifesto principale di un pensiero sviluppato sulla base di un coinvolgimento concepito come una condizione assoluta secondo il principio della differenza costitutiva grazie alla quale totalità e singolarità, essere ed esserci, coincidono. Un rapporto, questo, che per l'artista è fondamentale ed è all'origine del linguaggio a cui affida il proprio impegno espressivo. Non solo. Il legame con il luogo per il pittore è importantissimo e condiziona il suo atteggiamento morale e scientifico tipico di una coscienza ecologica ben radicata. L'umanità è responsabile dell'ambiente di fronte alle generazioni future. Natura e arte si fondono nella produzione dell'artista che elegge entrambi gli elementi al bagaglio della propria coscienza. Buratti realizza paesaggi luminosi e la loro realizzazione ricorda i modelli dell'informale bolognese in cui l'emozione del colore viene rivelata con vigore; e proprio il colore, steso a strati sotto la linea di terra alta, interessa una porzione maggiore di spazio. 

Frammenti figurativi si sviluppano entro l'illusoria verticalità del piano che arriva a rappresentare una riserva di valori smarriti, quasi reminiscenze di un mondo perduto nell'informe e comunque prossimo a riprendere una forma, a rigenerarsi, per tornare a vivere in una primavera vincente. L'artista svela entro l'ordine delle partiture una forza naturale che testimonia la speranza e la fiducia nell'uomo del futuro. Una sorta di espressione della grande stima per il prossimo nel quale si ripone la fiducia per una collaborazione al miglioramento. Il pittore bolognese mette le riforme dell'Avanguardia al servizio di contenuti ecologisti. E così egli realizza opere che, oltre l'impatto figurativo, trasmettono un messaggio di coscienza e trattano temi di quotidiana attualità Piogge acide e ambienti soffocanti per l'effetto serra rappresentate, quasi allegoricamente, da un gruppo di atleti in fuga da uno spazio claustrofobico. Ecco così che la pittura diviene un percorso che ha inizio con una presa di coscienza drammatica, rappresentata da tonalità cupe, e da composizioni di tronchi d'alberi ridotti a sbarre di una prigione, per arrivare ad uno spazio aperto solare. Quasi il recupero delle proprie radici e la riscoperta della bellezza della natura che non è ancora un bene perduto, ma indubbiamente da salvaguardare.

Vittorio Buratti proietta l'osservatore delle sue tele nella dimensione quasi paradisiaca di paesaggi incontaminati, scaldati da colori multiformi che si fondono in una sinergia alchemica che rinfranca lo sguardo e si abbandona ad un'esplosione di gialli (il simbolo della conoscenza) e di rossi (il fuoco fecondatore), in un tripudio di rinascita. L'artista opera sull'onda dell'improvvisazione che si rinnova sempre consentendogli di scorgere quello che c'è oltre un semplice aspetto fenomenico per cogliere l'energia originaria da cui la stessa mente umana riceve di riflesso la luce di una saggezza solare che è indispensabile per vivere armoniosamente, nel pieno rispetto dell'ambiente.

Le colorazioni scelte sono vigorose e delicate insieme, persino dolci ed aggressive al contempo perché rappresentano scenari che non vogliono essere mera raffigurazioni di banali paesaggi, quanto piuttosto della linfa vitale della terra: una fonte perenne di energia che trasmette fantasia e ragione in equilibrio perfetto, allo stesso pittore. La Natura per Vittorio Buratti è molto più un contesto scontato, di una realtà presente e poco valorizzata. Essa è una entità metafisica che si colloca oltre i comuni sensi e che coinvolge soprattutto la sfera della coscienza offrendo spunti corroboranti per l'emotività E l'insegnamento che l'artista trasmette attraverso le sue opere professa che per amare la Natura occorre rispettarla, non profanarla.

Quasi un discorso scontato, una ripetizione di tanti contenuti portati in trionfo dai baluardi della difesa dell'ambiente. Ma al di là di ogni retorica emerge il senso reale del messaggio, esatto in toto, il suo valore etico e sociale. E se questo non fosse coinvolgente ci sono sempre delle belle tele da guardare.

"The Expression of Informal Divisionism" by Luisa Maurelli (2001)

TRADITION AND INNOVATION COMBINE IN AN ARTISTIC EXPRESSION INSPIRED BY FRENCH POINTILLISM AND THE RELATIONSHIP BETWEEN MAN AND NATURE.

Pure colors spread on the canvas with short, almost point-like brushstrokes: this technique, which inspired Divisionism, is what Vittorio Buratti draws on in his canvases, which become the main manifesto of a philosophy developed on the basis of engagement conceived as an absolute condition according to the principle of constitutive difference, thanks to which totality and singularity, being and existence, coincide. This relationship is fundamental to the artist and is at the origin of the language to which he entrusts his expressive commitment. Moreover, the connection with the place is crucial for the painter and influences his moral and scientific attitude, typical of a deeply rooted ecological awareness. Humanity is responsible for the environment before future generations. Nature and art merge in the artist's work, who embraces both elements as part of his own conscience. Buratti creates luminous landscapes, and their execution recalls the models of Bolognese Informalism, in which the emotion of color is vigorously revealed; and it is precisely the color, laid out in layers below the ground line, that occupies a larger portion of the space.

Figurative fragments unfold within the illusory verticality of the plane, which comes to represent a reservoir of lost values, almost reminiscent of a world lost in the formlessness yet close to regaining form, regenerating itself, and returning to life in a victorious spring. Within the order of the scores, the artist reveals a natural force that testifies to hope and faith in the humanity of the future. A sort of expression of great esteem for others, in whom one places trust for collaboration towards improvement. The Bolognese painter places the reforms of the avant-garde at the service of ecological content. Thus, he creates works that, beyond their figurative impact, convey a message of conscience and address current issues of daily relevance. Acid rain and suffocating greenhouse gas environments are represented, almost allegorically, by a group of athletes escaping from a claustrophobic space. Thus, painting becomes a journey that begins with a dramatic realization, represented by dark tones and compositions of tree trunks reduced to prison bars, culminating in a sunny open space. It's almost like a reconnection with one's roots and a rediscovery of the beauty of nature, which is not yet a lost treasure, but undoubtedly one to be safeguarded.

Vittorio Buratti projects the viewer of his canvases into the almost paradisiacal dimension of pristine landscapes, warmed by multifaceted colors that blend in an alchemical synergy that refreshes the gaze and abandons itself to an explosion of yellows (the symbol of knowledge) and reds (fertilizing fire), in a triumph of rebirth. The artist operates on a wave of ever-renewing improvisation, allowing him to glimpse what lies beyond simple phenomenal appearance, capturing the original energy from which the human mind itself receives the reflected light of a solar wisdom essential for living harmoniously, with full respect for the environment.

The chosen colors are both vigorous and delicate, even soft and aggressive at the same time, because they represent scenarios that are not intended to be mere depictions of banal landscapes, but rather the lifeblood of the earth: a perennial source of energy that transmits imagination and reason in perfect balance, even to the painter himself. Nature for Vittorio Buratti is much more than a predictable context, a present and undervalued reality. It is a metaphysical entity that lies beyond the common senses and that involves above all the sphere of consciousness, offering invigorating insights for emotion. And the teaching that the artist transmits through his works professes that to love Nature one must respect it, not profane it.

It's almost a cliché, a repetition of many of the same things triumphantly championed by environmental advocates. But beyond all the rhetoric, the true meaning of the message emerges, its complete accuracy, its ethical and social value. And if that's not engaging, there are always beautiful paintings to admire.

Natura by Gabriele Turola (2001) 

Vittorio Buratti artista di nascita bolognese, che da molti anni vive e lavora a Cento, intende la pittura come una sorta di impegno etico che lo spinge a comunicarci un messaggio pieno di valori. I suoi paesaggi tutt'altro che banali, anzi importanti agli stilemi informali, ci invitano ad entrare nel grembo della Madre Terra per immergerci nelle linfe e nell'humus e per scoprire che il mondo esteriore può essere uno specchio di quello interiore.

Infatti nel suo caso si può parlare di "paesaggi dell'anima" che rispecchiano un'innocenza edenica perduta a causa dell'inquinamento, del degrado ambientale e spirituale, ma ritrovata grazie a quella saggezza solare che è ella base di una felice coesistenza fra civiltà e Natura.

I paesaggi di Vittorio Buratti, quasi sognati ad occhi aperti, ci affascinano per i loro colori caldi, sfarzosi, a volte grumosi e materici, in grado di raggiungere una dimensione plastica, una sorta di tridimensionalità.

L'artista dipinge stendendo i colori strato su strato evocando emozioni e passioni che scaturiscono dalle profondità dell'inconscio.

Questi colori lussureggianti ci riportano alla presenza del sole, del fuoco fecondatore da cui traggono origine le forme di vita.

L'artista quindi non riproduce il paesaggio pedissiquamente, ma crea a fianco della Natura, cerca in essa le nostre radici umane, assimila gli umori della terra, la linfa delle piante per creare uno spazio fatto di sensazioni e di sogni luminosi.

Alla fine ci accorgiamo che i suoi impasti cromatici magmatici attraverso le loro stratificazioni tendono a una forma di armonia superiore.

Dal rigoglio della vegetazione, dall'accordo alchemico dei colori, preziosi come rubini e smeraldi, l'artista trae spunto per mettere in risalto una bellezza neoromantica.

La sua pittura, infatti, può essere assimilata all' "Ultimo naturalismo" propugnato da Francesco Arcangeli e che vanta come sommo esponente Ennio Morlotti.

Quindi dopo essere passato dalla denuncia nei confronti dell'uomo contemporaneo che inquina e corrompe l'ambiente, Vittorio Buratti ci indica la meta di una bellezza riconquistata che da sogno può divenire realtà.

Nature by Gabriele Turola (2001) 

Vittorio Buratti, a Bolognese artist who has lived and worked in Cento for many years, views painting as a kind of ethical commitment that drives him to communicate a message full of values. His landscapes, far from banal and indeed grounded in informal style, invite us to enter the womb of Mother Earth, to immerse ourselves in its sap and humus and to discover that the external world can be a mirror of the internal one.

Indeed, in his case, we can speak of "landscapes of the soul," reflecting an Edenic innocence lost due to pollution, environmental, and spiritual degradation, but rediscovered thanks to the solar wisdom that is the basis of a happy coexistence between civilization and Nature.

Vittorio Buratti's landscapes, almost daydreams, fascinate us with their warm, sumptuous, sometimes lumpy, and textured colors, capable of achieving a plastic dimension, a sort of three-dimensionality.

The artist paints by applying colors layer upon layer, evoking emotions and passions that spring from the depths of the unconscious.

These lush colors bring us back to the presence of the sun, the fertilizing fire from which all life forms originate.

The artist, therefore, does not slavishly reproduce the landscape, but creates alongside Nature, seeking our human roots within it, assimilating the earth's moods and the sap of plants to create a space filled with sensations and luminous dreams.

The artist, therefore, does not slavishly reproduce the landscape, but creates alongside Nature, seeking our human roots within it, assimilating the earth's moods and the sap of plants to create a space of sensations and luminous dreams.

Ultimately, we realize that his magmatic chromatic mixtures, through their stratifications, tend toward a superior form of harmony.

From the lush vegetation, from the alchemical harmony of colors, as precious as rubies and emeralds, the artist draws inspiration to highlight a neo-Romantic beauty.

His painting, in fact, can be likened to the "Last Naturalism" advocated by Francesco Arcangeli and whose greatest exponent is Ennio Morlotti.

Thus, after having moved from a denunciation of contemporary man's pollution and corruption of the environment, Vittorio Buratti points us towards the goal of a reconquered beauty that can transform from a dream into reality.

Amare la Natura by Gabriele Turola (2000) 

Il titolo di questa mostra, " Amare la Natura", non deve trarci in inganno: Vittorio Buratti non intende certo rimpiangere i tempi mitici dell'Età dell'Oro né abbandonarsi a languori nostalgici rispolverando una utopica Arcadia popolata di pastori e di ninfe. Anzi con spirito realistico egli, come un figlio dei suoi tempi, ci propone paesaggi interpretati secondo un linguaggio aggiornato, fedele alla tendenza informale-materica, quindi già nella sua scelta stilistica dimostra di non indulgere ad atteggiamenti crepuscolari, né di ripiegare in un descrittivismo oleografico.

Tuttavia l'artista bolognese, ma centese per adozione, mette le innovazioni dell'Avanguardia al servizio di contenuti ecologistici lanciando un messaggio di scottante attualità. Già nella sua opera "Uomini" del 1989, Buratti ci presenta degli atleti in atto di correre che sembrano fuggire da uno spazio claustrofobico inquinato dalle piogge acide e dall'effetto serra per cercare rifugio in una dimensione "altra". Ecco cosi che la pittura diviene un percorso, quasi un'iniziazione, che parte da una presa di coscienza drammatica, rappresentata da certi effetti magmatici e cupi, da composizioni di tronchi d'alberi ridotti a sbarre di una prigione, per poi approdare a uno spazio aperto, naturale, luminoso. In "Ritorno alla Natura" del 1993 l'artista si prefigge di recuperare le proprie radici, di affondare la sua ispirazione nel cuore della Madre Terra scoprendo così una bellezza che ancora non è andata perduta e che dobbiamo salvaguardare. 

Infatti nei suoi paesaggi informali Buratti ci proietta in una dimensione edenica, in un mondo incontaminato, scaldato da mille colori che germinano in un continuo sviluppo, che si coagulano come in un'operazione alchemica dove prevale il giallo, simbolo della conoscenza, e il rosso del fuoco fecondatore. Gli accordi cromatici sono costruiti strato su strato cosi che osservando il quadro da vicino cogliamo la ricchezza della sua tavolozza come se ci apparisse velo dietro velo per lasciarci scoprire mille combinazioni sempre mutevoli, sempre indefinite che sembrano travolte da una forza centrifuga, da una passione impetuosa eppure solenne, rasserenante. L'artista lascia guidare i pennelli e le spatole dalla forza dell'improvvisazione che si rinnova sempre e che gli permette di indagare al di là del semplice aspetto fenomenico riuscendo a catturare l'energia primigenia da cui la stessa mente umana riceve di riflesso la luce di una saggezza solare che è indispensabile per vivere armoniosamente, nel pieno rispetto dell'ambiente. 

I cromatismi di Vittorio Buratti risultano vigorosi e delicati, aggressivi e dolci ad un tempo proprio perché rendono l'idea non tanto di un paesaggio banalmente figurativo ma della linfa stessa, dell'humus, dei succhi vitali della terra ed è proprio ispirandosi a questa fonte perenne di energia che egli fonde felicemente ragione e fantasia, compostezza e slancio visionario mantenendo questi due elementi in equilibrio come i piatti di una stessa bilancia. 

La Natura per Vittorio Buratti non si riduce a una vacanza sentimentale, a una scontata evocazione paesaggistica ma viene intesa come entità metafisica che si colloca oltre i comuni sensi e che coinvolge la sfera non tanto dell'emotività ma della coscienza. L'artista ci insegna che per amare la Natura occorre rispettarla, non profanarla. Si pensi ai suoi tronchi di alberi "Ritmi" del 1987 cosparsi di tagli, di macchie, di screpolature che come corpi portano i segni di ferite profonde. L'albero, protagonista di molti suoi dipinti, proposto in primo piano e non nello sfondo, viene interpretato come un antico patriarca della Natura, come un saggio gigante che sa vivere in pace e che ha molte cose da insegnarci.

L'albero è simbolo della vita sia nella Bibbia che nell'alchimia perché senza di esso scomparirebbe dal nostro pianeta ogni specie animale, la sua presenza è indispensabile al rassodamento del terreno, all'ossigenazione dell'aria, all'alimentazione. Ecco come si spiega nelle opere di Buratti il ciclo dedicato alle scatole, alle teche del 1991, che racchiudono per l'appunto rami e tronchi come arche di Noè che ci possono guidare verso la salvezza solo se conserviamo questi preziosi esemplari. In tal modo la cornice e la tela vengono abolite per lasciare spazio a un'arte che diventa essa stessa ambiente, icona vivente. La corsa degli uomini con cui abbiamo iniziato questo testo si chiude così come un cerchio: gli atleti hanno raggiunto la meta. 

Nelle opere precedenti Vittorio Buratti si ricollegava alle combustioni di Burri e alla poesia di Thomas Eliot, soprattutto alla sua celebre "Terra desolata", che evoca un limbo dantesco percorso da visioni brucianti. Per l'appunto i colori di Buratti simili a magma vulcanica racchiudono lo stesso fuoco della creazione, che secondo il filosofo Eraclito, è principio generatore. Come in un laboratorio le sostanze organiche si mescolano, si dissolvono e si amalgamano formando umori che si sviluppano e che assumono mille forme. Il seme per dare frutto deve morire. Così nel percorso pittorico intrapreso dall'artista abbiamo assistito alla sua fase in cui egli ha denunciato le forze distruttive dell'uomo. Ora non resta altro che trasformare il caos in armonia. Quello che avviene nei colori, nel microcosmo di un quadro si può ripercuotere nel mondo che ci circonda.

Loving Nature by Gabriele Turola (2000) 

The title of this exhibition, "Loving Nature," should not mislead us: Vittorio Buratti certainly does not intend to mourn the mythical days of the Golden Age, nor indulge in nostalgic languor by dusting off a utopian Arcadia populated by shepherds and nymphs. Rather, with a realistic spirit, he, like a child of his time, offers us landscapes interpreted according to a contemporary language, faithful to the informal-material trend. Thus, his stylistic choices already demonstrate that he neither indulges in crepuscular attitudes nor retreats into oleographic descriptivism.

However, the Bolognese artist, but Cento by adoption, puts avantgarde innovations at the service of ecological content, sending a message of burning relevance. Already in his 1989 work "Uomini," Buratti presents us with athletes in the act of running, seemingly fleeing a claustrophobic space polluted by acid rain and the greenhouse effect to seek refuge in an "other" dimension. Thus, painting becomes a journey, almost an initiation, beginning with a dramatic awareness, represented by certain dark, magmatic effects, by compositions of tree trunks reduced to prison bars, and then arriving at an open, natural, and luminous space. In "Ritorno alla Natura," 1993, the artist sets out to rediscover his roots, to sink his inspiration into the heart of Mother Earth, thus discovering a beauty that has not yet been lost and that we must safeguard.

Indeed, in his informal landscapes, Buratti transports us to an Edenic dimension, an uncontaminated world, warmed by a thousand colors that germinate in continuous development, coagulating as in an alchemical process where yellow, symbolizing knowledge, and the red of fertilizing fire prevail. The chromatic harmonies are constructed layer upon layer, so that when we observe the painting closely, we grasp the richness of his palette as if veil upon veil, allowing us to discover a thousand ever-changing, ever-undefined combinations that seem overwhelmed by a centrifugal force, by a passion that is impetuous yet solemn and reassuring. The artist allows his brushes and spatulas to be guided by the power of ever-renewing improvisation, which allows him to explore beyond the simple phenomenal aspect, capturing the primordial energy from which the human mind itself receives the reflected light of a solar wisdom essential to living harmoniously, with full respect for the environment.

Vittorio Buratti's colors are vigorous and delicate, aggressive and gentle at the same time, precisely because they convey the idea not so much of a banal figurative landscape but of the very sap, the humus, the lifeblood of the earth. It is precisely by drawing inspiration from this perennial source of energy that he successfully blends reason and imagination, composure and visionary impetus, keeping these two elements balanced like the plates of a single scale.

Nature for Vittorio Buratti is not reduced to a sentimental holiday, a predictable landscape evocation, but is understood as a metaphysical entity that lies beyond the common senses and engages the sphere not so much of emotion as of consciousness. The artist teaches us that to love Nature, we must respect it, not profane it. Consider his tree trunks "Ritmi" (Rhythms) from 1987, dotted with cuts, stains, and cracks that, like bodies, bear the marks of deep wounds. The tree, the protagonist of many of his paintings, presented in the foreground and not in the background, is interpreted as an ancient patriarch of Nature, as a wise giant who knows how to live in peace and who has many things to teach us.

The tree is a symbol of life both in the Bible and in alchemy, because without it, every animal species would disappear from our planet. Its presence is essential for strengthening the soil, oxygenating the air, and nourishing us. This explains Buratti's 1991 series of boxes, which contain branches and trunks like Noah's arks that can guide us to salvation only if we preserve these precious specimens. Thus, the frame and the canvas are abolished to make room for an art that itself becomes an environment, a living icon. The human race with which we began this text thus closes like a circle: the athletes have reached the finish line.

In his previous works, Vittorio Buratti drew on Burri's combustions and the poetry of Thomas Eliot, especially his famous "Waste Land," which evokes a Dantesque limbo traversed by burning visions. Indeed, Buratti's colors, similar to volcanic magma, contain the very fire of creation, which, according to the philosopher Heraclitus, is the generative principle. As in a laboratory, organic substances mix, dissolve, and blend, forming fluids that develop and assume a thousand forms. The seed must die to bear fruit. Thus, in the artist's pictorial journey, we witnessed a phase in which he denounced the destructive forces of man. Now all that remains is to transform chaos into harmony. What happens in the colors, in the microcosm of a painting, can have repercussions in the world around us.

Il "Pittore a Difesa della Natura" by Franco Bardasi (2000)

A nome degli amici della Sezione WWF Alto Ferrarese ho il piacere e l'onore di presentare ai Cittadini di Sant'Agostino il pittore Vittorio Buratti.

Ci conosciamo da oltre 50 anni, da quando frequentavamo la stessa classe dell'Istituto "Taddia" di Cento.

I nostri rapporti successivi, seppure occasionali, sono sempre stati favoriti dalla comune amicizia con lo scultore Dino Bonzagni.

Anche se gli strumenti impiegati sono diversi, ci accomuna l'impegno ambientalista. Vittorio lo manifesta egregiamente attraverso l'espressione artistico-pittorica. La critica lo ha definito "Il pittore a difesa della natura" e il WWF non poteva mancare di ricorrere a lui, al fine di realizzare una mostra con le sue opere, che parlano dell'ambiente più d'ogni altro mezzo espressivo.

L'amore per la natura è diventato in lui coscienza ecologica e nello stesso tempo impegno artistico. Nei suoi quadri egli affronta il problema più dirompente e angoscioso dell'attuale società, l'inquinamento e il degrado ambientale. Sempre evidente è il suo tentativo di salvare la natura dalla spietata tecnologia e dalla troppa industrializzazione. La denuncia ecologica dell'artista è palese: nelle sue opere è rappresentato spesso un mondo che grida d'indignazione per i guasti arrecati dall'uomo, i tronchi dei pioppi sono mostrati nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. 

Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggia l'effetto serra, principale responsabile dei mutamenti climatici e dei conseguenti disastri ambientali. I tronchi degli alberi svolgono la funzione di grosse sbarre di una cancellata o di una prigione, ove l'uomo che non rispetta l'equilibrio naturale s'autorinchiude isolandosi dalle bellezze esterne.

L'uomo è spesso rappresentato nell'atto di fuggire dalle preoccupazioni di un ambiente alienante per correre alla ricerca di un mondo più umano e giusto.

Va però detto che il suo messaggio non è di sfiducia. Infatti, alla severa denuncia dei mali ambientali fa seguire il suo misurato ottimismo, così ben espresso nei luminosi paesaggi dai colori forti, che trasmettono intense emozioni. Buratti, artista e uomo di fede profonda, non mostra difficoltà ad affermare: "lo amo la natura, ho fiducia nell'uomo e sono convinto che ce la farà a riconsegnare questo mondo come il Creatore ce lo affidò. Se noi prenderemo coscienza di tutto questo e parleremo ai giovani, sicuramente contribuiremo a far sì che l'uomo corra verso un mondo migliore". 

Parlare ai giovani: è proprio questo l'obiettivo principale della mostra di Sant'Agostino che Buratti ha voluto intitolare "Amare la Natura". Il contatto che egli desidera avere con gli alunni delle nostre Scuole non è finalizzato soltanto all'usuale commento delle tecniche espressive, ma primariamente alla trasmissione di un vero "messaggio ecologico". Infatti, il problema da cui prende avvio il suo lavoro artistico è quello di un linguaggio che si fa strumento specifico della conoscenza entro l'orizzonte del rapporto uomo-natura.

A nome degli amici del WWF e mio personale, auguro di cuore a Vittorio Buratti di trarre dalla mostra di Sant'Agostino altre soddisfazioni e nuove ispirazioni per il suo nobile impegno artistico ed ecologico.

The "Painter in Defense of Nature" by Franco Bardasi (2000)

On behalf of the friends of the WWF Alto Ferrarese Section, I have the pleasure and honor of introducing the painter Vittorio Buratti to the citizens of Sant'Agostino.

We have known each other for over 50 years, since we attended the same class at the "Taddia" Institute in Cento.

Our subsequent relationships, albeit occasional, have always been fostered by our shared friendship with the sculptor Dino Bonzagni.

Although the media we use are different, we share a commitment to environmentalism. Vittorio expresses this admirably through his artistic and pictorial expression. Critics have called him "The painter in defense of nature," and the WWF could not fail to enlist his help in organizing an exhibition of his works, which speak to the environment more than any other medium.

His love of nature has become both an ecological awareness and an artistic commitment. In his paintings, he addresses the most disruptive and distressing problem of today's society: pollution and environmental degradation. His attempt to save nature from ruthless technology and excessive industrialization is always evident. The artist's ecological critique is clear: his works often depict a world crying out in indignation at the damage caused by man; poplar trunks are shown bare and scratched, damaged by acid rain.

Between one tree trunk and another, the blood-red background symbolizes the greenhouse effect, the main cause of climate change and the resulting environmental disasters. The tree trunks serve as large bars in a gate or a prison, where humans who disregard the natural balance lock themselves away from the beauty of the outdoors.

Humans are often depicted fleeing the worries of an alienating environment to run in search of a more humane and just world.

However, it must be said that his message is not one of distrust. Indeed, his stern denunciation of environmental ills is followed by his measured optimism, so beautifully expressed in the bright landscapes with strong colors, which convey intense emotions. Buratti, an artist and a man of deep faith, has no qualms about stating: "I love nature, I have faith in humanity, and I'm convinced that we will succeed in restoring this world to the way the Creator entrusted it to us. If we acknowledge all this and speak to young people, we will certainly help humanity move toward a better world."

Speaking to young people: this is precisely the primary objective of the Sant'Agostino exhibition, which Buratti has titled "Loving Nature." The connection he seeks with our school students is not limited to the usual discussion of expressive techniques, but primarily to convey a true "ecological message." Indeed, the underlying issue in his artistic work is that of a language that becomes a specific instrument of knowledge within the framework of the relationship between humanity and nature.

On behalf of my friends at the WWF and myself, I sincerely hope that Vittorio Buratti will draw further satisfaction and new inspiration from the Sant'Agostino exhibition for his noble artistic and ecological commitment.

Emozionarsi con i Paesaggi Naturali di Buratti by Barbara Beghelli (2000) 

Lavora di spatola, Vittorio Buratti (Bologna, 1937).

Di spatola e pennello con colori acrilici, più o meno densi a seconda dell'effetto grumoso o liscio che vuole dare ai suoi lavori.

"Scelgo l'acrilico perché ha un'essicazione rapida", spiega. "Mi piace raccontare in modo immediato le emozioni che provo davanti alla natura"

Una natura che esplora ogni giorno, vagabondando con il suo cane per le campagne intorno a Cento, dove vive.

La sua tecnica fa tesoro al tempo stesso della lezione divisionista e di quella informale. Il colore si rapprende in grumi lucenti giallo sole, rosso fuoco, blu cobalto, che raccontano di una natura ribollente e magmatica come un mare primordiale. Un mondo che grida d'indignazione per la rovina portata dall'uomo.

Dieci anni fa, con la serie dei Ritmi, la denuncia ecologica dell'artista era palese.

I tronchi dei pioppi si mostravano nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggiava l'effetto serra.

Poi è stata la volta degli Uomini, silhouettes di persone in corsa sullo sfondo di un cielo tempestoso, ma anche, qualche volta, con un paesaggio luminoso in lontananza. Forse raggiungibile. Un messaggio di ottimismo e speranza.

Oggi Buratti si dedica ai paesaggi. Sono tele quasi astratte. Trionfi di colore lucente e sgargiante che si riconoscono come paesaggi perché in alto, molto in alto una linea parallela alla base del quadro si rivela essere l'orizzonte.

E sotto quella linea la natura si lascia guardare da vicino, mostrando, quasi impudica, la stratificazione della vegetazione, l'umidore del sottobosco.

Being Moved by Buratti's Natural Landscapes by Barbara Beghelli (2000)

Vittorio Buratti (Bologna, 1937) works with a palette knife.

He uses acrylic paints of varying thickness, depending on whether he wants his works to be lumpy or smooth.

"I choose acrylic because it dries quickly," he explains. "I like to immediately convey the emotions I experience when faced with nature."

A nature he explores every day, wandering with his dog through the countryside around Cento, where he lives.

His technique draws on both the lessons of Pointillist and Informalism. The color coagulates into bright clumps of sun yellow, fiery red, and cobalt blue, which tell of a nature seething and magmatic like a primordial sea. A world that cries out in indignation at the ruin wrought by man.

Ten years ago, with the Ritmi series, the artist's ecological denunciation was clear.

The poplar trunks were bare and scratched, wounded by acid rain. Between one tree trunk and another, the blood-red background symbolized the greenhouse effect.

Then came the Men, silhouettes of people running against a stormy sky, but also, sometimes, with a bright landscape in the distance. Perhaps within reach. A message of optimism and hope.

Today, Buratti dedicates himself to landscapes. They are almost abstract canvases. Triumphs of bright, gaudy color that are recognizable as landscapes because high up, very high up, a line parallel to the base of the painting reveals itself to be the horizon.

And below that line, nature allows itself to be observed up close, revealing, almost shamelessly, the stratification of vegetation, the dampness of the undergrowth.

Uomini in fuga e una Natura da Salvare by Laura Lunati (2000) 

Lavora di spatola, Vittorio Buratti (Bologna, 1937).

Di spatola e pennello con colori acrilici, più o meno densi a seconda dell'effetto grumoso o liscio che vuole dare ai suoi lavori.

"Scelgo l'acrilico perché ha un'essicazione rapida", spiega. "Mi piace raccontare in modo immediato le emozioni che provo davanti alla natura"

Una natura che esplora ogni giorno, vagabondando con il suo cane per le campagne intorno a Cento, dove vive.

La sua tecnica fa tesoro al tempo stesso della lezione divisionista e di quella informale. Il colore si rapprende in grumi lucenti giallo sole, rosso fuoco, blu cobalto, che raccontano di una natura ribollente e magmatica come un mare primordiale. Un mondo che grida d'indignazione per la rovina portata dall'uomo.

Dieci anni fa, con la serie dei Ritmi, la denuncia ecologica dell'artista era palese.

I tronchi dei pioppi si mostravano nudi e graffiati, feriti dalle piogge acide. Tra un tronco e l'altro, lo sfondo rosso sangue simboleggiava l'effetto serra.

Poi è stata la volta degli Uomini, silhouettes di persone in corsa sullo sfondo di un cielo tempestoso, ma anche, qualche volta, con un paesaggio luminoso in lontananza. Forse raggiungibile. Un messaggio di ottimismo e speranza.

Oggi Buratti si dedica ai paesaggi. Sono tele quasi astratte. Trionfi di colore lucente e sgargiante che si riconoscono come paesaggi perché in alto, molto in alto una linea parallela alla base del quadro si rivela essere l'orizzonte.

E sotto quella linea la natura si lascia guardare da vicino, mostrando, quasi impudica, la stratificazione della vegetazione, l'umidore del sottobosco.

Men on the Run and a Nature to Save by Laura Lunati (2000)

Vittorio Buratti (Bologna, 1937) works with a palette knife.
Using both palette knife and brush with acrylic colors, more or less dense depending on the grainy or smooth effect he wants to give his works.
"I choose acrylic because it dries quickly," he explains. "I like to immediately express the emotions I feel when faced with nature."

A nature he explores every day, wandering with his dog through the countryside around Cento, where he lives.

His technique draws equally from both the Divisionist and Informal lessons. The color thickens into shiny clumps of sun-yellow, fire-red, cobalt blue, telling of a nature boiling and magmatic like a primordial sea a world crying out in outrage at the destruction brought by man.

Ten years ago, with the Rhythms series, the artist's ecological protest was clear.
The trunks of poplars appeared bare and scratched, wounded by acid rain. Between one trunk and another, the blood-red background symbolized the greenhouse effect.

Then came the Men silhouettes of running people against the backdrop of a stormy sky, but sometimes also with a bright landscape in the distance. Perhaps reachable. A message of optimism and hope.

Today, Buratti devotes himself to landscapes. They are almost abstract canvases. Triumphs of bright, dazzling color recognizable as landscapes because high above, very high, a line parallel to the base of the painting reveals itself as the horizon.
And beneath that line, nature allows itself to be closely observed, showing, almost shamelessly, the layering of vegetation, the dampness of the undergrowth.

Paesaggi by Pietro Bonfiglioli (1999)

I paesaggi di Vittorio Buratti riflettono una condizione nuova di divisionismo informale: per un verso l'artista accoglie dall'esperienza divisionista più omologata la vocazione a controllare i rapporti tonali secondo le leggi relative alla funzione del colore sulla rètina oltre che al contrasto simultaneo dei complementari; per l'altro verso recupera l'esperienza dell'informale vissuta nelle forme coinvolgenti del rapporto uomo-natura: coirvolgimento, questo, concepito come una condizione assoluta secondo il principio della differenza costitutiva grazie alla quale totalità e singolarita, Sein e Desein, l'essere e l'esserci, coincidono. Del resto, come mi è accaduto di accennare in una precedente occasione espositiva dell'artista, il rapporto essere/esserci, quanto a dire natura e condizione esistenziale, rappresenta il centro propulsivo del linguaggio a cui Buratti affida il proprio impegno espressivo.

Il rapporto con il luogo è per Buratti determinante, contrassegnato secondo un atteggiamento morale e scientifico proprio di una ecologia radicale.

L'umanità è responsabile dell'ambiente di fronte alle generazioni future.

Buratti è un artista le cui opere si offrono all'interprete come un valore costante; il suo amore per la natura è diventato in lui coscienza ecologica e nello stesso tempo coscienza artistica.

Non è casuale che Buratti ami ricordare il lavoro pittorico di Carlo Mattioli senza dubbio in virtù degli umori materico-informali entro i quali Mattioli scioglie l'equilibrio di Morandi. Coerentemente egli riconosce il proprio debito nei confronti di Ennio Morlotti che, partito da Cézanne e dalla lezione del cubismo, esalta la materia entro un impatto luminoso che erode le forme.

Nei luminosi paesaggi dell'artista l'emozione del colore viene raccontata con intensità; il tessuto informale del colore disteso a strati sotto la linea di terra alta, cosi da coinvolgere tre quarti dello spazio, ricorda i modelli dell'informale bolognese e, insieme, il coinvolgimento di frammenti figurativi entro la illusiva verticalità del piano che, cosi animata dall'interno, rappresenta una riserva di valori perduti, quasi memorie di un mondo dissipato nell'informe: tuttavia prossimo a riassumere una forma, a rigenerarsi, a esplodere in una primavera vincente.

Buratti rivela entro l'ordine delle partiture un rigoglio naturale a testimoniare la speranza e la fiducia nell'uomo del nuovo millennio.

Landscapes by Pietro Bonfiglioli (1999)

The Landscapes of Vittorio Buratti reflect a new condition of informal divisionism: on one hand, the artist adopts from the more canonical divisionist experience the inclination to control tonal relationships based on the laws governing color perception on the retina, as well as the simultaneous contrast of complementary colors.
On the other hand, he reclaims the informal experience as lived through the emotionally charged relationship between man and nature an involvement conceived as an absolute condition, according to the principle of constitutive difference through which totality and singularity, Sein and Dasein, being and being there, coincide.

As I mentioned on a previous occasion during one of the artist's exhibitions, the relationship between being and being-there, that is, between nature and existential condition, represents the driving core of the expressive language to which Buratti entrusts his artistic commitment.

The relationship with place is, for Buratti, decisive marked by a moral and scientific attitude, typical of a radical ecology.

Humanity is responsible for the environment in relation to future generations.

Buratti is an artist whose works present themselves to the viewer as a constant value; his love for nature has become, in him, both an ecological and artistic awareness.

It is no coincidence that Buratti often refers to the pictorial work of Carlo Mattioli certainly due to the material informal tones through which Mattioli dissolves Morandi's sense of balance.
Coherently, he acknowledges his debt to Ennio Morlotti, who starting from Cézanne and the lessons of Cubism enhanced matter through a luminous impact that corrodes form.

In Buratti's radiant landscapes, the emotion of color is narrated with intensity. The informal texture of color, layered beneath a high horizon line, occupying three-quarters of the pictorial space, recalls the models of Bolognese informalismand, at the same time, the integration of figurative fragments within the illusory verticality of the plane.
This vertical space, animated from within, becomes a reservoir of lost values, almost like memories of a world dissipated in formlessness yet one that remains close to reclaiming form, to regenerating, to exploding in a victorious spring.

Within the structured order of his compositions, Buratti reveals a natural lushness a testimony of hope and faith in humanity for the new millennium.

Rispetta la Natura by Cristina Frabetti (1996) 

Addentrarsi nell'arte di Vittorio Buratti è come esplorare un universo "speciale", dove come in un sogno "audace" e particolarmente coinvolgente l'uomo è alla continua ricerca di se stesso, della propria coscienza strettamente ed indissolubilmente legata alla natura; natura che per Vittorio Buratti viene rappresentata dagli alberi, da piccoli esseri del mondo animale e dall'uomo stesso in un continuo di forme e di spazi che si esaltano e si completano vicendevolmente, in un legame profondo ed ancestrale fatto di armonia e passione.

Esiste un continuo muoversi di Buratti per evidenziare il profilo autentico della natura, nel tentativo di salvarla dalla spietata tecnologia e dalla troppa industrializzazione, che ha inghiottito i colori, i rituali e anche gli odori; tutto questo viene riscattato in un'esplosione fantastica ed onirica di colore: acceso, grumoso, materico intento ad esorcizzare la paura e la solitudine dell'uomo, attraverso la poesia, la fantasia più piena e fanciullesca di colori che non si stanca di osservare e di assaporare le piccole grandi cose della natura e dei valori così profondi in essa contenuti.

I colori, cosi contrastanti e gioiosi, creano un'atmosfera intensa e al tempo stesso struggente, che ci induce a riflettere, che ci fa pensare al nostro percorso alla nostra vera essenza di nullità nei confronti di tutto quanto ci circonda, in questa natura vista come grande madre, in un auspicabile ritorno come via di salvezza e di serenità.

Tutta la produzione artistica di Buratti è pervasa da un palpito di vita, che si estrinseca nelle forti pennellate di materia, nelle immagini seriali della figura uomo: nei boschi chiusi in una metaforica scatola, come per una inspiegabile magia al contempo affascinante e terribile.

Tante sono le citazioni e i ricordi nell'arte di Buratti forse inconsci, forse no, ma davvero insolito è il trasportare questo amore, questa fisicità, dentro la natura stessa, la forza, la fantasia in un fantastico viaggio attraverso la naturalezza dei valori forti in un mondo "speciale" sospeso tra sogno e realtà dove l'artista attraverso il colore fulgido, il segno e la materia come un viaggiatore-narratore cerca instancabilmente la strada della salvezza.

Respect Nature by Cristina Frabetti (1996) 

Delving into the art of Vittorio Buratti is like exploring a "special" universe, where like in a "bold" and deeply engaging dream man is in constant search of himself, of his own consciousness, which is closely and inseparably tied to nature.
Nature, for Vittorio Buratti, is represented by trees, small creatures of the animal world, and by man himself interwoven in a continuum of forms and spaces that enhance and complete each other in a deep, ancestral bond made of harmony and passion.

There is a constant movement in Buratti's work to highlight the true essence of nature, in an effort to save it from ruthless technology and excessive industrialization, which have swallowed up its colors, rituals, and even its scents.
All of this is reclaimed in a fantastic and dreamlike explosion of color vivid, thick, and tactile aimed at exorcising man's fear and solitude through poetry and a deeply imaginative, almost childlike, use of color. This color seeks tirelessly to observe and savor the small yet profound wonders of nature and the values embedded within it.

The colors so contrasting and joyful create an atmosphere that is both intense and poignant, prompting reflection, urging us to contemplate our journey and our true essence, our insignificance in the face of all that surrounds us.
Here, nature is seen as a Great Mother, and a return to her is envisioned as a path to salvation and serenity.

Buratti's entire artistic output is imbued with a heartbeat of life, expressed through bold brushstrokes of material, through recurring images of the human figure: in forests enclosed within metaphorical boxes, as if by some inexplicable magic both enchanting and terrifying at once.

There are many references and memories in Buratti's art perhaps unconscious, perhaps not but what is truly unique is the way he transports this love, this physicality, into nature itself.

His strength and imagination guide us on a fantastic journey through the raw power of deeply rooted values in a "special" world suspended between dream and reality, where the artist through radiant color, gesture, and matter acts as a traveler narrator, tirelessly searching for the path to salvation.

Degrado Ambientale by Guido Vancini (1994)  

Buratti nei suoi quadri affronta il problema più angoscioso che attualmente vive la nostra società che è quello dell'inquinamento e del degrado ambientale.

Non a caso ha intitolato la sua mostra: "Ritorno alla natura" e nei suoi quadri ricorrono con frequenza uomini che corrono per fuggire da una situazione angosciante ove le piogge acide, il disboscamento e le altre offese che l'uomo inpunemente scaglia contro la natura minacciano di trasformare il mondo in un immenso immondezzaio.

I suoi quadri coloratissimi e pieni di luce riportano in modo ossessivo sequenze di tronchi di pioppi distanziati regolarmente, che assumono quindi l'aspetto delle sbarre di una prigione, ove l'uomo che non rispetta l'equilibrio naturale si autorinchiude isolandosi dalle bellezze esterne.

Environmental Degradation by Guido Vancini (1994) 

In his paintings, Buratti tackles the most distressing issue currently facing our society: pollution and environmental degradation.
It is no coincidence that he titled his exhibition "Return to Nature," where images of men running frequently appear, fleeing from a distressing situation in which acid rain, deforestation, and other offenses that humans relentlessly inflict upon nature threaten to transform the world into a vast landfill.

His brightly colored and luminous paintings obsessively depict sequences of poplar trunks spaced at regular intervals, which thus take on the appearance of prison bars where man, failing to respect the natural balance, imprisons himself by isolating from external beauties.

Le Opere di Buratti by Fausto Gozzi (1994)

Le opere che Vittorio Buratti ha ordinato nella sala mostre della Pinacoteca Civica, danno uno spaccato molto chiaro della sua trentennale passione per l'arte. Buratti è quindi il tipo di artista vero, dove i valori estetici e cromatici, corrispondono a precisi messaggi culturali d'importanza capitale.

Infatti, tutta la rassega è all'insegna del "ritorno alla natura"; Buratti, senza mezzi termini, ci pone di fronte al disastro ecologico ed agli attacchi che l'uomo incoscientemente e quotidianamente perpetra contro essa.

Pioppi attaccati dall'effetto serra, uomini in fuga dalle piogge acide e testimonianze della storia cancellate per sempre, sono i soggetti da lui preferiti, nonostante tutto

Buratti è capace anche di messaggi d'ottimismo, infatti i suoi uomini in fuga corrono verso una natura che presenta ancora, fortunatamente, un proprio equilibrio, fatto di organismi viventi e fiori dalle tonalità accecanti che non si piegano e resistono agli attacchi.

The Works of Buratti by Fausto Gozzi (1994)

The works that Vittorio Buratti has arranged in the exhibition hall of the Civic Art Gallery provide a very clear snapshot of his thirty-year passion for art. Buratti is, therefore, the kind of true artist whose aesthetic and chromatic values correspond to precise cultural messages of great importance.
Indeed, the entire exhibition is marked by a "return to nature"; Buratti, without mincing words, confronts us with the ecological disaster and the assaults that humanity unconsciously and daily inflicts upon it.
Poplars attacked by the greenhouse effect, people fleeing acid rains, and testimonies of history forever erased are among his preferred subjects, despite everything.
Buratti is also capable of messages of optimism; indeed, his fleeing figures run toward a nature that still, fortunately, maintains its own balance made up of living organisms and flowers with dazzling hues that do not bend but resist the assaults.

Ritorno alla Natura by Pietro Bonfiglioli (1994)

1. Vittorio Buratti è un artista di sicuro rilievo, le cui opere, condotte secondo cicli tematici paralleli (Paesaggi, Alberi, Uomini, Oggetti, come dire la natura e la tecnica), si offrono all'interprete come un valore costante, riferibile a un'attività che si direbbe vissuta nelle forme di un'operazione più vicina all'essere che al divenire, comunque lontana da un discorso critico indirizzato a cogliere sviluppi e omologazioni, abbandoni e riprese. Nel senso paradossale di una sensibilità estetica concepita nei modi di una progettualità tecnico-scientifica, Buratti è un artista pago della propria misura, insofferente di ciò che non rispecchia un disegno operativo, estraneo a procedure per tentativo ed errore. Il momento d'avvio è anche quello in cui ciò che è sperimentale e approssimativo si presenta come remoto e rimosso, risolto - si direbbe - nella struttura operativa di un linguaggio che riproduce per qualche aspetto determinante la tecnica della sequenza o del film cutting, a cui l'artista è legato grazie al suo precoce interesse per le tecniche cinematografiche. Sollecitato da esperienze di largo orizzonte inter-nazionale, ma radicato nel territorio, nella piccola patria padana delle nobili "città d'arte" Cento e Pieve di Cento a filo del basso orizzonte e a mezza strada tra Bologna e Ferrara, Buratti assume con se stesso, tra gli anni '70 e '80, l'impegno di attribuire alla propria vocazione artistica un indirizzo sistematico, da intendere nel senso dell'obbedienza a un fervore operativo congiunto al disinteresse per il sistema della pubblicizzazione e del mercato. Disinteresse che ha mantenuto l'opera dell'artista entro la cerchia ristretta di estimatori scelti e amici, anche se egli non sdegna di partecipare come attestazione di appartenenza e solidarietà ad alcune collettive locali tra Ferrara e Bologna, tra Carpi e Rimini. Va precisato peraltro che Buratti ha potuto mantenere fino ad oggi la modestia aristocratica di una produzione artistica quasi privata (mihi et paucis amicis) grazie alla funzione di prestigio da lui svolta per anni in un'azienda di rilevanza internazionale, attività che gli ha consentito di frequentare musei e ateliers e gli ha aperto la possibilità di proiettare le condizioni culturali ed esistenziali della piccola patria padana entro l'orizzonte del moderno, contrassegnato secondo un atteggiamento morale e scientifico proprio di un'ecologia radicale che condiziona anche il sistema della conoscenza e dell'arte dalla crisi della relazione uomo-natura. Il rapporto con il luogo è dunque per Buratti de-terminante, ma solo in quanto la puntualità dell'esistenza si presenta come condizione specifica del rapporto con la scena del mondo. Egli dunque non avrebbe potuto ignorare la tradizione pittorica dell'informale padano così come si offriva alla sua sensibilità attraverso l'invito rappresentato dal discorso critico-teorico di Francesco Arcangeli, che trasferiva il tonalismo degli equilibri formali, tipico della tradizione pittorica padana, entro una sorta di panteismo coinvolgente inteso come "insostituibile ronzio della vita del mondo naturale" o, più radicalmente, come "fiducia in un immenso eterno aldilà naturale", fiducia opposta — cito ancora dal saggio del '57 Una situazione non improbabile - alle concezioni del mondo che soffocano entro categorie mentali il "flusso eracliteo della realtà".

2. Ma le condizioni entro cui Buratti si muove sono rovesciate: l'incanto panteistico è caduto. Sul coinvolgimento di ogni singola esistenza nell'universo della natura cala la condanna che l'artista stesso, esperto in discipline tecniche e naturali, potrebbe riconoscere come rappresentata dal secondo principio della termodinamica, dall'esistenza in natura di una fondamentale asimmetria per cui, se la quantità totale di energia si conserva in qualsiasi processo, la sua distribuzione si modifica in modo irreversibile: dove il primo principio conferma che la quantità globale dell'energia rimane immutata, il secondo dimostra che, mentre la società tecnologica brucia sempre più rapidamente le proprie risorse, l'entropia aumenta per il degradarsi della qualità dell'energia stessa racchiusa nell'universo. Questi i presupposti che inducono Buratti a professare la sua concezione ecologica della perdita, appunto fondata sulla progressiva degradazione qualitativa dell'energia. Nella sua produzione artistica il problema ecologico è centrale. Attraverso di esso è possibile cogliere una filosofia della natura che fa di ogni punto del globo i coltivi della piccola patria padana come le foreste dell'Oregon centro del declino. Ne deriva una visione meno storicistica che ontologica del rapporto uomo-natura. Ignoro se Buratti sia un lettore di Heidegger, ma la sua concezione della storia naturale entro l'orizzonte della perdita porta spontaneamente il discorso al principio heideggeriano del moderno concepito come "'età della tecnica". Per Heidegger l'età della tecnica è ultima: al di là di essa non è storicisticamente pensabile uno sviluppo. Entro questo orizzonte di fine della storia è la stessa idea della fine che rivela l'essenza del moderno come condizione che sola può offrire all'uomo la possibilità di eccedere il proprio destino, di inserire nel gioco dei processi entropici l'eccesso e l'asimmetria del lavoro artistico in quanto contraddizione di quella asimmetria che comporta l'aumento dell'entropia nell'ecosistema. Buratti dunque non potrebbe accogliere il panteismo informale di Arcangeli se non rove-sciandolo. Ma non si tratta per lui di opporre scienza a coscienza, di soffocare il significato e il valore dell'arte entro la coerenza intrinsecamente matematica della termodinamica. L'arte appartiene a un ordine diverso, quello dell'urto (il termine heideggeriano non sarebbe dispiaciuto ad Arcangeli), che è quanto dire il farsi opera della verità nella sua forma di evento. E sembra corretto a questo proposito confermare che il problema da cui prende avvio il lavoro artistico di Buratti è quello di un linguaggio che si fa strumento specifico della conoscenza entro l'orizzonte del rapporto uomo-natura. Sul panteismo informale è caduto il gelo del secondo principio, che è quanto dire l'irreversibilità dei fenomeni naturali osservabili. Entro questo orizzonte puntualità e generalità dell'esistere coincidono, essendo ogni luogo, anche il più remoto, cuore del rischio, centro dell'equilibrio entropico.

3. Occorre insistere sulla qualità del pensiero ecologico nelle tele e negli oggetti tridimensionali che costituiscono i generi a cui Buratti adegua la propria fantasia. Nel quadro mentale e sperimentale di questo interesse l'arte diviene esperienza insieme della conservazione e della perdita, rappresentazione della natura nella sua strenua estrema bellezza. Il linguaggio dell'arte è il solo che possa esprimere la concretezza del rapporto fra ciò che è puntuale e ciò che si pone come generale, dire l'appartenenza a un luogo che è insieme centro del rischio e scena del mondo. Ciò non implica che l'artista concepisca l'opera nelle forme di un manifesto ecologico, anche se egli avverte il fascino dell'oggettualismo americano nei suoi stessi aspetti pubblicitari al punto che non poche delle sue opere potrebbero prestarsi come insegna di qualche associazione naturista. Ma per Buratti è opportuno ribadirlo l'ecologia è una rappresentazione dell'essere e dell'esserci (Sein e Desein): un'ottica entro la quale l'arte non può non essere esperienza della natura e della sua bellezza nel tempo della perdita. Cadono le piogge acide sui grandi parchi pro-tetti, Jellowstone o il Gran Paradiso, sui faggi, i larici, le querce e gli abeti della fascia mediterranea. La generalità del fenomeno condiziona l'immaginario dell'artista. Basti ricordare il rigore spoglio che presiede alla serie di oli e acrilici intitolata Alberi: una sequenza quasi regolata metricamente (il titolo ricorrente di Ritmi è significativo) in cui ricorrono i tronchi nudi del pioppo padano con la loro corteccia grigio cenere e argento, tagliati dai margini del quadro così da escludere a parte poche eccezioni rami e radici, infine proiettati su un fondo sanguigno omogeneo, quasi un tramonto di fuoco o una combustione fredda, contro la quale i tronchi svolgono la funzione come di grosse sbarre di una cancellata o di prigione. Il ricordo delle Combustioni di Burri sembra innegabile, ma Buratti non dimentica forse il principio, fondante per Morlotti, della natura fantasma, anche se l'esperienza informale appare contenuta entro l'evidenza quasi didattica dell'immagine, collocabile tra il nitore del cartellone ecologico e gli encausti di un Jasper Johns più espressionista astratto che new-dada. Ma è opportuno liberare l'orizzonte di queste opere da esplicite intenzioni apocalittiche. Nel fondo la minaccia è più intima e segreta. Il carattere idillico del rapporto con l'universo naturale non è dimenticato, specie nella sezione Paesaggi, apparentemente ispirata a un intenso lirismo paesistico. In realtà la linea di terra, lontana e altissima sull'orizzonte, lascia non di rado tre quarti della tela a uno spaccato verticale del terreno, che trasforma la distesa panoramica in uno scavo stratificato. L'effetto ottico è, nei momenti più tesi, quello di una vertigine: il paesaggio sprofonda sotto la linea di terra altissima e lontana, ancora ricca in controluce di alberi ed erbe. Non si potrebbe cogliere l'essenza di questo linguaggio se non comprendendo che la rivisitazione dell'informale è anche il suo rovesciamento: l'universo della natura non è più posto sotto il segno della totalità immanente ma della sottrazione. In ciò, forse, i presupposti di un rapporto del tutto inedito con la natura: non quello romantico e informale, arcangeliano, della immersione nella totalità concepita come eternità dell'attimo (A chaque instant... l'éternité est là), bensì quello ecologico della parzialità, della minaccia. La linea alta dell'orizzonte caratterizza in Italia alcuni aspetti della pittura informale indirizzata ad esprimere la totalità coinvolgente della natura. Ricordo a questo proposito due artisti cari a Buratti: da una parte Ennio Morlotti nelle cui tele, almeno fino agli anni '55-56, la vitalità organica dell'universo naturale non appare ancora pervasiva, benché lo spessore materico sia già esperienza addirittura plastica di quella totalità; Carlo Mattioli dall'altra parte per il quale l'orizzonte alto è misura e controllo di un equilibrio affidato alla sopravvivenza del disegno e dei rapporti compositivi. Per Buratti le condizioni sono diverse: la natura, prima di essere coinvolgimento rapinoso o ideale continuità, è segnata dalla minaccia della fine come possibilità immanente: sotto l'idillio verde e lontano dell'orizzonte lo spazio sottostante precipita secondo una serie di strati informi, dove le fonti dell'esistenza sembrano prossime a inaridirsi.

4. L'ambiguità della serie Paesaggi, dove il profilo dell'orizzonte sembra la linea d'avvio per l'analisi di uno spaccato geologico, si riproduce nella serie recente intitolata al genere indeterminato e a rischio degli Uomini (acrilici e idropittura su tela), dove l'assunto antropomorfico è espresso da una sorta di pellicola cinematografica i cui fotogrammi riproducono tutti la medesima silhouette di un atleta in corsa, di solito solo, talvolta moltiplicato per due, per quattro, comunque estraneo a qualsiasi funzione individualizzante: quasi un modello di arte funeraria arcaica o una sagoma seriale pop (Warhol non è lontano), tradotto in un cliché di cui variano solo i colori e le macchie che vagano sul suo corpo e nello spazio. Sul fondo accadono deflagrazioni misteriose, larghe pennellate assecondano o moltiplicano il profilo degli atleti, volano macchie e si disegnano graffiti. Della serie fa parte un bozzetto per francobollo (Etna, 1992) rappresentato dalla solita silhouette in corsa tra una pioggia di segni e, forse, lapilli infuocati: simbolo drammatico e lontano, quasi omologato, di un rapporto a rischio con la natura da proiettare emblematicamente sull'opera dell'artista. La sequenza irreale e sospesa dell'immagine nella pellicola cinematografica sottratta al movimento è per molti aspetti, appunto in quanto frame, centrale nell'opera di Buratti e rispecchia il suo amo-re, molto precoce, anche tecnico e specialistico, per la tecnica di ripresa cinematografica. Più precisamente essa rappresenta la struttura profonda dell'immaginario e di una radicata vocazione espressionistica. Del resto la piccola patria pa dana è anche la terra natale di Aroldo Bonzagni un protagonista del rapporto conflittuale tra fu turismo ed espressionismo nei primi decenni del secolo. Sulla rivincita dell'espressionismo, di Bonzagni in particolare, nell'area padana Renato Barilli ha scritto recentemente pagine persuasive. Di quella rivincita Buratti è un erede e un beneficiario, interessato a cogliere il carattere segretamente temporale dell'essere e a meditare su ciò che è all'estremo.

5. Il discorso resterebbe sospeso se non si concludesse con un accenno alla svolta rappresentata dalle opere più recenti, oli e acrilici, sotto l'insegna comprensiva del Ritorno alla natura. Un momento di passaggio è affidato a una breve serie di dipinti che portano in primo piano i ruderi pericolanti di case coloniche abbandonate, dove la pennellata della tavolozza informale trasforma i muri cadenti e le orbite cieche delle finestre slabbrate in struggenti fantasmi della perdita, che segna la fine del patto di lavoro e fiducia tra l'uomo e la terra. Ma la ripresa della serie Uomini, dove la nota silhouette dell'atleta in corsa acquista ora effetti plastici e colori vivi mentre al centro, tra le sagome ripetute, si staglia su fondo nero un riquadro, quasi una finestra aperta sull'orizzonte in cui appare un paesaggio luminoso, è il traguardo ideale delle sagome che sembrano fuggire il disastro di un'imminente deflagrazione. Ritorno alla natura è il titolo di un cartone-manifesto, concepito ancora una volta come un pannello nero, al cui centro è ritagliato in luce un paesaggio elementare, dove sotto la linea dell'orizzonte il già noto spaccato quasi verticale del terreno, tramato ora non sai bene se di linfe o veleni, è ancora affidato al linguaggio informale, mentre al di sopra resiste l'accumulo sommario della natura vegetante sotto l'azzurro del cielo. L'effetto è quello di un tempo di attesa. L'attesa è premiata nelle opere successive, dove sotto la linea sempre alta dell'orizzonte il tessuto informale del colore, disteso a strati, rivela entro l'ordine delle partiture un rigoglio naturale, quasi una presenza del miracolo, presenza che l'autore ama definire "francescana". Nella sostanza del discorso pittorico il ritorno alla forma è concepito non direi tanto come un dono, quanto piuttosto come una sospensione alta. Il sospetto, che potrebbe sorgere, di una restaurazione senza costi troppo pesanti correrebbe il rischio di essere smentito dal prossimo capitolo. Come i suoi Uomini in fuga tra ceneri e lapilli, Buratti sa che ogni fiducia è a rischio.


Return to Nature by Pietro Bonfiglioli (1994)

1. Vittorio Buratti is unquestionably an artist of great significance. His works developed in parallel thematic cycles (Landscapes, Trees, People, Objects, representing nature and technique) present themselves to the interpreter as a constant value. They belong to an activity lived more in the form of being than becoming, apart from a critical discourse aimed at detecting development, conformity, abandonment, or revival. In a paradoxical sense, with an aesthetic sensibility conceived in terms of a technical‑scientific project, Buratti is an artist content with his own measure, impatient with anything that does not reflect an operational design, and alien to trial‑and‑error procedures. The initial moment is also the point where what is experimental and approximate appears as remote and repressed resolved, one might say, within the operational structure of a language that, in crucial ways, reproduces the technique of sequencing or film cutting, a method to which the artist is bound by his early interest in cinematographic techniques. Inspired by a wide international horizon, yet deeply rooted in his territory the small Padanian homeland of the noble "art cities" Cento and Pieve di Cento, perched on the low horizon between Bologna and Ferrara Buratti, between the 1970s and '80s, committed himself to giving his artistic vocation a systematic direction. This was understood as obedience to an operational fervor combined with disinterest in the commercialization and market system. That disinterest has kept his work within a limited circle of selected admirers and friends, although he does not shy away from participating in local group exhibitions between Ferrara, Bologna, Carpi, and Rimini as a statement of belonging and solidarity. Moreover, it should be noted that Buratti has maintained, to this day, the aristocratic modesty of an almost private artistic production (mihi et paucis amicis) thanks to the prestigious role he held for years in an internationally significant company. This position enabled him to frequent museums and studios and allowed him to project the cultural and existential conditions of his little Padanian homeland onto the horizon of modernity. This horizon, shaped by a moral and scientific attitude typical of a radical ecology influencing both the system of knowledge and art is defined by the crisis in the human‑nature relationship. For Buratti, the relationship with his place is thus decisive but only insofar as the punctuality of existence appears as a specific condition for engaging with the world's stage. Consequently, he could not ignore the tradition of Padan informal painting as it was offered to his sensibility through the critical-theoretical discourse of Francesco Arcangeli. Arcangeli transferred tonalism and formal equilibrium, typical of the Padan painting tradition, into a kind of engaging pantheism understood as an "irreplaceable buzz of the natural world's life" or, more radically, as "trust in an immense eternal natural beyond," a trust opposed quoting from his 1957 essay Una situazione non improbabile to those worldviews that suffocate the "Heraclitean flux of reality" within mental categories.

2. But Buratti's conditions are overturned: the pantheistic enchantment has fallen. The involvement of each individual existence in the natural universe gives way to a condemnation that the artist himself, knowledgeable in technical and natural disciplines, might recognize as embodied by the second law of thermodynamics. This law asserts a fundamental asymmetry in nature: while the total amount of energy is conserved in all processes, its distribution changes irreversibly. The first law confirms the conservation of total energy; the second demonstrates that, as technological society burns through its resources more and more rapidly, entropy increases as the quality of energy in the universe degrades. These assumptions lead Buratti to profess his ecological conception of loss, founded precisely on the progressive qualitative degradation of energy. Ecological concern is central to his artistic output. Through it, one can perceive a philosophy of nature that makes every point on the globe the cultivated lands of his little Padanian homeland as much as the forests of Oregon a center of decline. This yields a vision that is less historicist and more ontological in the human-nature relationship. I don't know whether Buratti reads Heidegger, but his conception of natural history, with the horizon of loss, naturally aligns with Heidegger's principle of the modern age conceived as the "era of technology." For Heidegger, the age of technology is the last; beyond it, no further historical development is conceivable. Within this horizon of the end of history, it is the very idea of an end that reveals the essence of the modern as the only condition capable of offering humanity the possibility to exceed its destiny by inserting into the entropy processes the excess and asymmetry of artistic work, as a contradiction to the asymmetry causing entropy's increase in the ecosystem. Thus, Buratti could only accept Arcangeli's pantheism by subverting it. Yet he does not oppose science to consciousness, nor suffocate the meaning and value of art within the inherently mathematical coherence of thermodynamics. Art belongs to a different order that of the "collision" (a Heideggerian term that would not have displeased Arcangeli) which is the event-forming happening of truth. In this sense, it is proper to affirm that the issue from which Buratti's artistic work begins is a language that becomes a specific instrument of knowledge within the horizon of the human-nature relationship. Upon the pantheistic informality has fallen the frost of the second law that is, the irreversibility of natural phenomena. Within this horizon, punctuality and generality of existence coincide: every place, even the most remote, is the heart of risk, the center of entropic balance.

3. We must insist on the ecological quality of thought in the canvases and three-dimensional objects constituting the genres to which Buratti tailors his imagination. In this mental and experimental setting, art becomes both experience of preservation and loss representation of nature in its poignant extreme beauty. The language of art is the only means to express the concreteness of the relationship between the punctual and the general, to convey belonging to a place that is both center of risk and world stage. This does not imply that the artist conceives his work as a kind of ecological manifesto, although he feels the fascination of American objecthood even in its advertising facets to such an extent that many of his pieces could serve as insignia for nudist associations. But for Buratti it's worth reaffirming ecology is a representation of being and being there (Sein and Dasein): a perspective in which art cannot but be an experience of nature and its beauty in the time of loss. Acid rain falls on large protected parks, Yellowstone or the Gran Paradiso, upon the beech, larch, oak, and fir trees of the Mediterranean belt. The phenomenon's universality conditions the artist's imagination. The austere rigor presiding over the Trees series oils and acrylics speaks of this: a sequence metrically regulated (the recurring title Rhythms is telling) with bare poplar trunks in gray-ash and silver bark, cropped at the canvas's margins so that, apart from a few exceptions, neither branches nor roots appear projected against a sanguine background, resembling a fire-lit or cooled combustion, against which the trunks function like heavy bars of a gate or a prison. One cannot deny the echo of Burri's Combustioni, yet Buratti perhaps does not forget Morlotti's foundational principle of nature-as-ghost, even if the informal experience is contained within the almost didactic clarity of the image somewhere between eco-poster clarity and the encaustic expressionism of a Jasper Johns more abstract than New Dada. But it's necessary to release these works from overtly apocalyptic intentions. At heart, the threat is more intimate and hidden. The idyllic nature‑universe relationship is not forgotten, especially in the Landscapes section, apparently inspired by lyrical intensity. In reality, the horizon line, distant and high, often gives the lone vertical slice of earth a dominance turning the panoramic expanse into a layered excavation. The visual effect, in more tense moments, is vertiginous: the landscape plunges beneath the high, distant horizon line, still rich in trees and grasses in backlight. One cannot grasp the essence of this language without understanding that his take on informality is also its inversion: the natural universe is no longer presented under the sign of immanent totality but subtraction. Therein lie perhaps the premises for an entirely novel relationship with nature not the romantic and informal, Arcangelian immersion into totality conceived as the eternity of the moment (À chaque instant… l'éternité est là), but the ecological relationship of partiality, of threat. The high horizon line characterizes certain aspects of Italian informal painting that aim to convey nature's all‑encompassing totality. In this context, I recall two artists dear to Buratti: Ennio Morlotti, whose canvases at least until 1955–56 do not yet reflect pervasive organic vitality, even though the material thickness already provides a plastically intense experience of that totality; and Carlo Mattioli, for whom the high horizon is a measure and control of an equilibrium entrusted to drawing and compositional relationships. In Buratti's case, conditions differ: nature, before being a forceful involvement or ideal continuity, is marked by the imminent possibility of its end: beneath the green, distant idyll of the horizon, the underlying space collapses into shapeless strata, where the sources of existence appear close to drying up.

4. The ambiguity of the Landscapes series, where the horizon profile becomes the starting line for a geological cross section, reappears in the recent People series (acrylics and water based paint on canvas), where the anthropomorphic premise is expressed through a sort of film reel whose frames all reproduce the same silhouette of a running athlete, usually alone, sometimes duplicated two or four times still devoid of any individualizing function. It resembles an archaic funerary art motif or a pop serial silhouette (Warhol is not far off), rendered in a cliché where only colors and splatters vary across the figure and space. In the background, mysterious detonations occur; broad brushstrokes echo or multiply the athletes' profiles, spots fly, and graffiti take shape. Included in the series is a preliminary sketch for a postage stamp (Etna, 1992), featuring the familiar running silhouette amid a spray of marks and perhaps fiery lapilli an emblematic, dramatic, and remote symbol of a precarious relationship with nature, projected as a metaphor for the artist's work. The unreal, suspended sequence of the image within the film frame frozen from movementis, in many respects, central to Buratti's work as a frame. It reflects his very early technical and specialist fascination with the cinematic capture technique. More precisely, it represents the deep structure of his imagination and expressionistic vocation. Besides, the little Padanian homeland is also the birthplace of Aroldo Bonzagni, a key figure in the conflictual interplay of futurism and expressionism in the early 20th century. Renato Barilli has recently written persuasive pages on the resurgence of expressionism particularly Bonzagni's in the Padan area. Buratti is an heir and beneficiary of that resurgence, drawn to grasp the secretly temporal nature of being and to meditate on what lies at the extreme.

5. The discourse would remain suspended if not concluded by mentioning the turning point in Buratti's most recent works oils and acrylics under the inclusive banner of Return to Nature. A transitional moment comes in a brief series depicting the crumbling ruins of abandoned farmhouses, where informal brushwork transforms crumbling walls and the blind orbits of gaping windows into poignant ghosts of loss marking the end of the working and trusting pact between humanity and the land. Yet the revival of the People series, where the familiar running-athlete silhouette now gains plasticity and vivid colors, and in whose center among multiplied silhouettes a rectangle appears on a black background, like a window opening onto a luminous landscape, suggests an ideal finish line for the figures fleeing the threat of imminent catastrophe. Return to Nature is also the title of a conceptual manifesto sketch once again a black panel with a centralscape cut in light. Below the horizon, that familiar near-vertical earthy slice, woven now with undefined linfa or venom, remains rendered in the informal style; above, the rough accumulation of vegetative nature endures beneath a blue sky. The effect is one of suspended expectation. That anticipation is rewarded in subsequent works, where below the ever-high horizon, the informal texture of color applied in layers reveals within the arranged partitions a natural exuberance, an almost miraculous presence that the artist likes to call "Franciscan." In the essence of his painterly discourse, the return to form is conceived not so much as a gift but as a "higher suspension." The suspicion of an easy restoration risks being disproved by the next chapter. Like his fleeing People figures amid ash and lapilli, Buratti knows that every trust is precarious.

Paesaggi Fantastici by Alberto Barbieri (1980) 

Nato nel 1937 a Bologna e attualmente residente a Cento, ha il merito poco comune di saper parlare un linguaggio fluente, agile, vivo; crea ambienti, nature morte e paesaggi fantastici: è tutto un mondo, il suo, sospeso tra sogno e realtà, che si srotola con meditata, voluta chiarezza ed efficacia e che egli riesce benissimo a rendere di comune dominio, perché è trasfigurato da una partecipazione convinta, appassionata, amorosa.

Si tratta di una pittura che "vive ed aiuta a vivere" : sono momenti intensi di luce e di colore che possono accompagnare la nostra giornata, rendendola più umana.

Buratti ha una figuratività libera: non disdegna ardire soluzioni formali ed audaci contrasti coloristici. In tal senso possiamo dire che la realtà non è pretesto per finalità compositive, ma, al contrario, è presa a prestito ai fini dello svolgimento di un discorso pittorico che via via si distende automaticamente, sino a vivere di una vita propria.

Se è vero, come è vero, che i pittori s'innamorano di ciò che colpisce ed affascina, il Buratti, senza seguire influssi di particolari tendenze, si è spontaneamente impegnato, con una tenacia caparbia, a mettere in luce aspetti singolari di farfalle, api e spiagge deserte: le sue tele, di una drammatica forza d'impianto compositivo, ricche di luce e di trasparenze, stimolano la voglia di conoscere, di avvicinare le realtà descritte.

Sempre egli raggiunge una completa organicità nelle larghe stesure di materia, luminose ed intelligentemente elaborate.

Ci piace sottolineare la purezza e la freschezza non comune dei suoi colori, che direi fulgenti e gioiosi.

Fantastic Landscapes by Alberto Barbieri (1980)

Born in 1937 in Bologna and currently residing in Cento, Vittorio Buratti has the uncommon merit of speaking a fluent, agile, and lively language; he creates environments, still lifes, and fantastic landscapes. His world is one suspended between dream and reality, unfolding with deliberate, intended clarity and effectiveness, which he masterfully renders accessible to all because it is transfigured by a convinced, passionate, and loving participation.

This is a painting that "lives and helps to live": intense moments of light and color that can accompany our day, making it more humane.

Buratti's figurative style is free: he does not shy away from daring formal solutions and bold color contrasts. In this sense, we can say that reality is not a mere pretext for compositional purposes but, on the contrary, is borrowed to develop a pictorial discourse that gradually unfolds automatically, until it lives a life of its own.

If it is true, as it is, that painters fall in love with what strikes and fascinates them, Buratti, without following any particular trends, has spontaneously committed himself, with stubborn tenacity, to highlighting singular aspects of butterflies, bees, and deserted beaches. His canvases, of dramatic compositional strength, rich in light and transparency, stimulate a desire to know and approach the realities described.

He always achieves complete organicity in the broad applications of matter, luminous and intelligently elaborated.

We like to emphasize the uncommon purity and freshness of his colors, which I would describe as radiant and joyful.

Il Naturalismo di Buratti by Umberto Martinelli (1977)

Il naturalismo di Buratti si indirizza verso uno studio più adatto alla tonalità cromatica che la natura manifesta nei diversi dinamismi dei suoi fotogrammi creativi.

La timbricità dell'artista vuole dare manifestazioni segniche, le cui linearità si proiettano senza divagazioni, ma con marcata naturalezza.

Una naturalezza dai valori forti, dagli schizzi puri, le cui pennellate denotano una freschezza artistica e un lirismo spontaneo, schietto, dove il binomio prospettiva 

cromatismo si realizza nella proiezione voluta dall'autore.

Buratti's Naturalism by Umberto Martinelli (1977)

Buratti's naturalism is oriented toward a study more suited to the chromatic tones that nature manifests in the various dynamics of its creative frames.
The artist's tonal quality aims to express sign like manifestations, whose linearities project themselves without digression but with marked naturalness.
A naturalness with strong values, pure splashes, whose brushstrokes reveal artistic freshness and a spontaneous, sincere lyricism, where the combination of perspective and chromaticism is realized in the projection intended by the artist.

The Still Lifes by Sante Modesti (1977)

We are talking about Vittorio Buratti, an artist from Cento who has gained wide recognition for his beaches, still lifes, glimpses of landscapes, and other figurative themes.
By digging beyond the barrier of figurative art, through which he established himself in numerous national competitions, he has reached full artistic and expressive maturity with works that represent fundamental studies of life.
Studies of a biologically evolving macrocosm and of a fantastic, mysterious world.

The laborious and troubled artistic evolution that Buratti has undergone has culminated in a new expression.
This new expression helps us understand how difficult it can be for a painter who has loved nature in its external form to transport that love into nature itself seeking that heartbeat of life, that poetry still unknown to us, which biology, in its dry research, may never reveal.

For this reason, before humanity self-destructs or transforms, Buratti seeks to look within into the connections between cell and cell, between fibers and structures wherever there is life.
Where there is life, there is beauty; and it is this beauty that we observe in his latest works.

No longer form, but life itself.
Vivid color, balanced composition, strong and incisive drawing describe a world poetically unknown, new, and full of imagination.

Buratti does not intend to reveal the deep secrets of the biological unknown but wants to grasp its meaning and offer us a fantastic journey into matter.

Le Nature Morte by Sante Modesti (1977)

We are talking about Vittorio Buratti, an artist from Cento who has gained wide recognition for his beaches, still lifes, glimpses of landscapes, and other figurative themes.
By digging beyond the barrier of figurative art, through which he established himself in numerous national competitions, he has reached full artistic and expressive maturity with works that represent fundamental studies of life.
Studies of a biologically evolving macrocosm and of a fantastic, mysterious world.

The laborious and troubled artistic evolution that Buratti has undergone has culminated in a new expression.
This new expression helps us understand how difficult it can be for a painter who has loved nature in its external form to transport that love into nature itself seeking that heartbeat of life, that poetry still unknown to us, which biology, in its dry research, may never reveal.

For this reason, before humanity self-destructs or transforms, Buratti seeks to look within into the connections between cell and cell, between fibers and structures wherever there is life.
Where there is life, there is beauty; and it is this beauty that we observe in his latest works.

No longer form, but life itself.
Vivid color, balanced composition, strong and incisive drawing describe a world poetically unknown, new, and full of imagination.

Buratti does not intend to reveal the deep secrets of the biological unknown but wants to grasp its meaning and offer us a fantastic journey into matter.

"Un Nuovo Naturalista" by G.M. Olivieri (1975) 

Buratti fa uso del colore per discorrere in termini di proposta e, perché no?, di provocazione, soprattutto in certe tematiche naturali che parlano di marine sottratte alla nevrosi contemporanea e restituite all'ancestrale, inviolato silenzio.

Le "spiagge libere" di Vittorio Buratti, assistite dalla presenza di frutta, hanno una simbolica suggestione mirante a recuperare certe dimensioni umane anche nella scenografia marina, la quale ha conosciuto, ma in forma negativa e deleteria, l'intervento impietoso dell'uomo.

Anche se le atmosfere sono spaziate, l'orizzonte appare tuttavia gravato da un certo clima di sofferta solitudine, di araldica ma non rilassante quiete, sintomo rivelatore dello spirito di Buratti, la cui parabola "respira" in proporzione diretta al distendersi dei colori ed alle aperture luminose degli orizzonti, dei cieli, degli spazi che ci investono nei suoi lavori.

"A New Naturalist" by G.M. Olivieri (1975)

Sometimes, an entire universe can hide in the hollow of a hand.
But few are able to rescue this image from the flow of time, allowing it to lose itself and then rediscover itself in a new dimension that of painting.
Vittorio Buratti's restless pursuit has aimed not only to capture the world in its aesthetic projection, but to transform it into a rigorous awareness that, avoiding the dispersive monologue of formal motifs, becomes dialogue and suggestion of a different kind of freedom, one in which even silence could be deciphered.

Though renewed, the artist's message retains a familiar absence: the ancient choice that condemns the object to develop within the isolation of its own structure, enclosed in a space so restricted as to make any human presence inaccessible.
The culture from which Buratti draws is aimed at highlighting the authentic profile of nature, in an effort to save it from the prison of smokestacks that have absorbed its colors, trapping it in the monochromatic void of rituals devoid of purpose.

Yet in his most recent works, the direction and outcome of this effort have undergone a transformation: it is the singular achievement of a reality whose perspective has expanded into a perception of more spontaneous relationships.
The geometric boundaries that once confined all nuances of form have been eliminated, rejecting the immobility that used to marginalize each composition within a luminous prism of warm tones whose light, however, seemed to emanate from within, as if painstakingly born from the solitude of matter itself.

Buratti has managed to reject the false appearances of things, succeeding in reclaiming their original connections.
These rhythms now form themselves without hesitation into a stylistic movement, bound by a deep, inner rhythm, almost musical.

This new poetics is the crystal-clear and courageous synthesis of an intuition of a world that now prepares to welcome even beyond all symbolism Man.

Le Aperture Marine by Giuseppe Nasillo (1975) 

Buratti fa uso del colore per discorrere in termini di proposta e, perché no?, di provocazione, soprattutto in certe tematiche naturali che parlano di marine sottratte alla nevrosi contemporanea e restituite all'ancestrale, inviolato silenzio.

Le "spiagge libere" di Vittorio Buratti, assistite dalla presenza di frutta, hanno una simbolica suggestione mirante a recuperare certe dimensioni umane anche nella scenografia marina, la quale ha conosciuto, ma in forma negativa e deleteria, l'intervento impietoso dell'uomo.

Anche se le atmosfere sono spaziate, l'orizzonte appare tuttavia gravato da un certo clima di sofferta solitudine, di araldica ma non rilassante quiete, sintomo rivelatore dello spirito di Buratti, la cui parabola "respira" in proporzione diretta al distendersi dei colori ed alle aperture luminose degli orizzonti, dei cieli, degli spazi che ci investono nei suoi lavori.

The Marine Openings by Giuseppe Nasillo (1975)

Buratti uses color to speak in terms of proposal and, why not, provocation especially in certain natural themes that depict seascapes freed from contemporary neurosis and restored to an ancestral, inviolable silence.
Vittorio Buratti's "free beaches," accompanied by the presence of fruit, carry a symbolic suggestion aimed at recovering certain human dimensions even within the marine scenery, which has experienced, albeit negatively and harmfully, the ruthless intervention of man.

Although the atmospheres are expansive, the horizon still appears burdened by a certain climate of painful solitude, an austere but not relaxing calm an revealing symptom of Buratti's spirit, whose trajectory "breathes" in direct proportion to the spreading of colors and the luminous openings of horizons, skies, and spaces that envelop us in his works.

Public Beaches by Sergio Poletti (1974)

At first glance, Buratti's works reveal an uncommon richness of color, a similarly original clarity, and a compositional choice that offers a fresh resolution.
Buratti has gained wide recognition for his seascapes and still lifes, for his glimpses of landscape, and other figurative paintings in which the essential quality leading to lyrical juxtapositions has distilled a taste for simplicity and beauty: for ordinary, even forgotten things, for situations worth revisiting because they remain meaningful.
These are natural, ecological messages narratives of real states.
The result is a captivating effect on the viewer, a visual discourse that resonates with the emotional sensibility within each of us.

Spiegge Libere by Sergio Poletti (1974)

Primo rilievo all'osservazione delle opere di Buratti evidenzia una ricchezza cromatica non comune, un nitore parimenti originale, una scelta compositiva di nuova risoluzione.

Buratti ha acquisito una vasta notorietà con le sue spiagge e le nature morte, il paesaggio di scorcio ed altri dipinti figurativi in cui l'essenzialità che porta ad accostamenti lirici ha enucleato il gusto del semplice e del bello, per le cose comuni anche dimenticate, per situazioni da riproporre perchè valide.

Messaggi naturali, ecologici, racconti di stati reali.

Ne consegue un effetto suggestivo per l'osservatore, un discorso che fa parte del modo di sentire di ognuno di noi.

Mostre

Mostre

1966 "Circolo Amici dell'Arte" - Pieve di Cento (Bologna)

1967 "Circolo Amici dell'Arte" - Pieve di Cento (Bologna)

1968 "Galleria la Tavolozza" - Bologna

1969 "Galleria la Tavolozza" - Bologna

1972 "Galleria d'Arte Moderna La Linea" Ferrara

1973 "Chiostro di San Romano" - Ferrara

          "Galleria le Pleiadi" - Gruppo Spazio A - Torino

          "Galleria d'Arte Graphis" - Cento (Ferrara)

1974 "Galleria d'Arte L'Arca" - personale "Spiagge Libere" Crevalcore (Bologna)

1975 "Il Rassegna Internazionale d'Arte Contemporanea" Portoverde (Forli)

1976 "Sala San Filippo" - Cento (Ferrara)

1977 "Auditorium di San Lorenzo" - Cento (Ferrara)

          "I Edizione Linea Continua Arte Ferrara-Cento" - Cento (FE)

1978 "Galleria Zaeus" - Rimini

1979 "Galleria d'Arte Il Guercino" - Cento (Ferrara)

1982 "Galleria d'Arte Sala Gialla" - Carpi (Modena)

          "Circolo Culturale La Fenice" - Mirandola (Modena)

1983 "Palazzo Galuppi" - Pieve di Cento (Bologna)

1986 "Liberty and Company Limited" - Londra

1988 "Auditorium di San Lorenzo" - Cento (Ferrara)

1989 "Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni" Cento (FE)

1992 "Museo Internazionale dell'Immagine Postale" Belvedere Ostrense (Ancona)

1993 "Artisti per il Telefono Azzurro" - Cento (Ferrara)

1994 "Pinacoteca Civica" - personale "Ritorno alla Natura" Cento (Ferrara)

1995 "San Filippo e Castello della Rocca" - Cento (Ferrara)

          "Rocca dei Bentivoglio" - personale "Ritorno alla Natura" Bazzano (Bologna)

1997

         "Pinacoteca Civica" - personale "Ritorno alla Natura" - Pieve di Cento (Bologna)

         "Sala Biblioteca Comunale" - San Pietro in Casale (Bologna)

1999 "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna

          "Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni" - Cento (FE)

2000

          "Galleria d'Arte Castiglione" - personale

          "Paesaggi" Bologna "Gallery Kamishima" - Takaoka Toyama (Giappone)

          "Arte Padova" Galleria d'Arte Castiglione - Padova

2001 "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna

         "Ex Scuderia di Villa Rabboni Cassini" - personale "Amare la Natura" - Sant'Agostino            Ferrara

          "Galleria d'Arte il Secondo Rinascimento" - personale "Natura" - Ferrara

          "Galleria d'Arte L'Immagine" San Giovanni in Persiceto (BO)

          "Fiera Contemporanea" Galleria d'Arte Castiglione - Forlì

2002 "Castello della Rocca" - Cento (Ferrara)

          "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna

          "Centro Culturale" - San Matteo della Decima (Bologna)

          "Gallery Klosterman" - Amsterdam

          "Gallery Gentzkow" - Washington

          "Galleria d'Arte L'Immagine" - personale "Natura" San Giovanni in Persiceto - (BO)   

          "Galéria Pelikàn" - Székesfehérvàr - Ungheria

          "Sala Consiliare" - Paesaggi - Anzola dell'Emilia (Bologna)

          "Fiera Contemporanea" Galleria d'Arte Castiglione - Forlì

          "Galleria d'Arte San Rocco" - Riflessione - Cento (Ferrara)

          "Galleria d'Arte Castiglione" - Bologna

          "Partecipanza Agraria - Sala del Consiglio" - Paesaggi Emiliani - Cento (Ferrara)

2003 "Auditorium di San Lorenzo" - Carnevalesca - Cento (Ferrara)

         "Galleria d'Arte Castiglione" - personale "Colline" - Bologna

         "Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)

         "Museo del Cielo e della Terra" - Arte & Città - San Giovanni in Persiceto (Bologna)

2004 "Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)

2005 "Galleria d'Arte San Rocco" - Cento (Ferrara)

2006 "La collezione della Galleria d'Arte Moderna A. Bonzagni" - Castello della Rocca -                Cento (Ferrara)

2008 "Galleria del Risorgimento" - personale "Rispetta la Natura" - Imola

2009 "Fierarredo '09" personale "Ritmi (Betulle)" Stand Acqueo - Bologna

2010 "Galleria d'Arte Contemporanea 132" - San Biagio di San Felice sul Panaro (Modena)

2011 "Galleria d'Arte Contemporanea 132" - San Biagio di San Felice sul Panaro (Modena)

2012 "Museo di Casa Frabboni" - personale "La Forza della Natura" - San Pietro in Casale            (Bologna)

          "Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Ritmi" - Modena

2013 "Paggeria Arte di Palazzo Ducale" - personale "La Forza della Natura" - Sassuolo                  (Modena)

          "Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Green Tracks" Modena

          "Galleria 42 Contemporaneo" - personale "Green Tracks 2.0" Modena

2014

          "Spaceinteriors" - personale "Ritmi - Rhythms 1987/2014" - Bologna

          "Devincenti Multiliving" personale "Natura" - Piubega (Mantova)

2015 "Spaceinteriors" - personale "Ritmi nella Natura" - Bologna

          "New Beza" - personale "Ritmi" - Ferrara

          "BCC Art Gallery" - personale "La Casa e la Natura nell'arte di Buratti" - Genova

          "Comfort Zone - Gilli 1962" - personale "Ritmi" - Reno Finalese (Modena)

          "Officinarkitettura" personale "Ritmi" - Pieve di Cento (Bologna)

2016 "Architect@work" - "Ritmi" - Milano

          "1962 Art Gallery" - personale "| Ritmi e il design" - Reno Finalese (Modena)

          "Biennale Interieur" - "Ritmi" - Belgio

          "Officinarkitettura" - personale "| Ritmi bianchi" - Pieve di Cento (Bologna)

          "BCC Art Gallery" - "Natura" - Genova

          "Officinarkitettura" - personale "La Grande Luna" - Pieve di Cento (Bologna)

2017 "Architect@work" - "Ritmi" - Stoccolma

          "SteppingStone" - personale "Ritmi" - Bologna

          "Maison&Object" - "Ritmi" - Parigi

          "EuroShop" - "Ritmi" - Dusseldorf

          "Fuorisalone" - "Ritmi" - Milano

          "Coverings" - "Ritmi" Orlando - Florida

          "Pinacoteca Civica" - "Tawkeht" Omaggio per gli 80 anni a Buratti - Pieve di Cento              (Bologna)

          "BCC Art Gallery" - "Ritmi" - Genova

          "Galleria d'Arte Moderna A. Bonzagni" - personale "Omaggio alla Natura" - Cento               (Ferrara)

2018 "Open Art House" - personale "Il grido della Natura" - Ivrea (Torino)

2019 "Monteborre Boutique Hotel"  personale "Paesaggi" - Cento (Ferrara)

2020 "Palazzo Savioli" - personale "Difendi la Natura" - Pieve di Cento (Bologna)

2021 "Palazzo Savioli" - personale "Ritmi Bianchi" - Pieve di Cento (Bologna)

2022 "Monteborre Boutique Hotel" - personale "Ritmi Rossi" - Cento (Ferrara)

2023 "Monteborre Boutique Hotel" - personale "Natura" - Cento (Ferrara)

2023 "Patina Gallery" - personale "Ritmo Rosso" - Modena

2024 "Palazzo Savioli" - personale "Ritmi" - Pieve di Cento (Bologna)

2025 "Monteborre Boutique Hotel" - personale "La Forza della Natura" - Cento (FE)

2025 "Palazzo Savioli" - personale "Grido della Natura" - Pieve di Cento (BO)

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17 agosto 2025


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